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Marco Vitale: riflessioni sugli articoli 1 e 47 della Costituzione

L'economista Marco Vitale
L’economista Marco Vitale

Condividiamo ai fini della formazione di tutti coloro i quali compongono le Reti Umane del Movimento NOI, la riflessione pubblicata dal blog del Movimento Sturziano “Servire l’Italia”, a cura di Marco Vitale, economista d’impresa, bresciano di nascita e milanese di residenza, uomo internazionale per cultura e attività, Presidente Onorario dell’Associazione Amici del Monumentale di Milano. 
Ciò perchè, come afferma il Presidente di Servire l’Italia, Architetto Giampiero Cardillo, “per prepararsi a governare, bisogna entrare con forza e coraggio nella stanza delle cose cosiddette difficili, che tali non appaiono più dopo una “lezione” chiara di un uomo che ha fatto della formazione una professione di grandissimo successo“.

Il Movimento NOI è consapevole che fare politica è sempre più una vocazione destinata a chi ha la capacità di dedicarsi alla formazione continua per fare bene il bene di tutti.

INTERPRETAZIONE EVOLUTIVA E/O ABROGAZIONE DELLE NORME COSTITUZIONALI

Gli studiosi costituzionalisti conoscono bene il tema dell’interpretazione evolutiva delle norme costituzionali. Il mutamento della struttura socio-economica e del contesto culturale porta a letture evolutive per adattare i principi costituzionali al nuovo contesto. È un approccio prezioso che rende le Costituzioni più flessibili e capaci, quindi, di salvaguardare i loro principi e la loro applicabilità nel tempo.

Ma non è sempre semplice distinguere fra possibile interpretazione evolutiva e sospetto di abrogazione tacita. Mi concentrerò su due norme che sono cardine del pensiero socio-economico sottostante alla nostra Costituzione: l’art.1 e l’art.47.

L’art.1, che tutti conosciamo, dice:

   “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

ed è frutto di un complesso travaglio e confronto in sede di commissione, è stato molto criticato sotto il profilo di una vaghezza applicativa. Sosterrò più avanti che mai questo articolo ha avuto una maggiore importanza di oggi, perché siamo di fronte a un enorme conflitto di principi. Ma non vi è dubbio che la situazione della legislazione ordinaria e soprattutto la gestione della politica economica e bancaria, legittima la domanda: non è che siamo di fronte ad una tacita abrogazione dell’art.1?

Analoga domanda si pone di fronte al più complesso e meno conosciuto art. 47. L’art. 47, nella sua parte principale stabilisce:

 “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

Anche dietro a questo articolo vi è un grande lavoro della commissione caratterizzato da un vivace confronto tra Luigi Einaudi e Tommaso Zerbi che alla fine prevalse ed è il vero estensore dell’articolo. L’art.1 tutela il lavoro, l’art.47 tutela il risparmio, due pilastri del buon governo. Ma dopo lo tsunami che si è abbattuto sul risparmio e sul credito, dopo la catastrofe della politica bancaria, dopo il prevalere in sede di Banca d’Italia di concetti che lasciano perplessi (“il capitale è la stella polare della banca” ha detto il direttore generale della Banca d’Italia) dopo il servilismo assoluto di fronte alle imposizioni, spesso profondamente errate, che vengono da BCE e da altri sedi europee, anche qui è legittima la domanda: è stato anche questo articolo tacitamente abrogato?

NON È UNA QUESTIONE NAZIONALE
Diciamo che, nell’ipotesi migliore, questi due pilastri della nostra Costituzione economica, soffrono di un incredibile indebolimento, sia sul piano del pensiero che sul piano operativo. Ma sarebbe un grave errore leggere questo indebolimento come un fatto nazionale e come spunto per alimentare le solite inconcludenti baruffe chiozzotte. Si tratta di effetti locali di una gigantesca partita che si è giocata e si gioca a livello globale, un conflitto di pensiero, istituzioni, interessi, in gran parte di una vera e propria lotta di classe, con epicentro negli USA. È il conflitto da un lato tra il pensiero e la politica del liberalismo classico, dell’economia di mercato e imprenditoriale, dell’economia sociale di mercato, di tutti i movimenti e le tradizioni cioè che hanno cercato di conciliare la durezza del confronto economico con le esigenze sociali e umane di una pacifica e costituzionale convivenza, e, dall’altro, dall’insieme di pensiero e politiche, che chiamiamo con l’espressione sintetica e forse impropria di neoliberismo, che dominando da circa trent’anni, hanno portato a un incredibile concentrazione delle ricchezze, a una totale umiliazione del ruolo del lavoro, ad una finanziarizzazione esasperata di ogni aspetto della società, all’esplosione del debito pubblico e privato, alla crisi bancaria. Ne abbiamo parlato a lungo e per tempo(1).

IL FATTO SORPRENDENTE
Ma vi è un punto centrale che voglio sottolineare. E lo posso fare sulla base anche del bellissimo libro di uno studioso inglese, Colin Crouch, dal titolo: “The Strange Non Death of Neo-Liberalism”. Dice Crouch: il neoliberalismo ci ha portato alla gravissima crisi scoppiata nel 2007. Secondo i ritmi della storia, la gravità e la generalità di questa crisi avrebbe dovuto fare giustizia del paradigma neoliberista e dalle sue rovine avrebbe dovuto emergere un nuovo paradigma. Ciò non è successo. Tutto quello che emerge dalla crisi è un neoliberismo rafforzato. Non è mai stato così forte, anzi negli USA è anche apertamente, brutalmente e ostentatamente al governo, senza bisogno di coperture e mascherature alla Clinton. E questo dimostra la forza, la ramificazione, la potenza di questo movimento, che sembra invincibile. È questo il vero fatto sorprendente.

LA SOLITUDINE DEL RIFORMISTA
Traggo il titolo di questo paragrafo da un famoso articolo di Caffè, che quando uscì mi colpì molto: “La solitudine del riformista”. E come altrimenti titolare? di fronte:

• allo squagliamento, come neve al sole, di tutta la sinistra (vent’anni fa scrissi che il Luigi Einaudi delle Lezioni Sociali era a sinistra di tutta la sinistra nostrana);
• all’arroccamento del sindacato;
• alla Chiesa di Ruini;
• al servilismo intellettuale della grande maggioranza del mondo accademico;
• alla resa intellettuale incondizionata al neoliberismo dei vertici della Banca d’Italia;
• alla mancanza di dignità della classe di governo (sia quella prerottamazione che quella deludentissima dei quarantenni renziani) sia di fronte alle istituzioni europee che ai loro diktat;
• allo scollamento dell’Europa di fronte ai colpi della crisi e dell’avversario UK;
• alla delusione drammatica di Obama che, nei bellissimi discorsi del 2008, aveva alimentato la speranza che, da una sede autorevole, si alzasse un pensiero capace di contrastare l’ideologia del neoliberismo (“Main Street versus Wall Street”);
• all’amara osservazione del continuo sgretolamento dell’economia italiana e del continuo peggioramento dell’occupazione e della dignità del lavoro, senza una reazione adeguata né sul fronte del pensiero né sul fronte della capacità propositiva.

In questo viaggio nella solitudine ognuno ha avuto i suoi riferimenti, i suoi conforti, i suoi compagni. Personalmente chi mi ha fatto compagnia e conforto sono stati:

• la Costituzione stessa;
• alcuni maestri italiani, come Caffè, Sylos Labini, Giorgio Fuà, Paolo Baffi;
• la Dottrina Sociale della Chiesa (la Dottrina, non la Chiesa di Ruini) che proprio nei momenti più difficili emerge, con la sua forza e attualità di pensiero, e con il suo rispetto per la persona e per il lavoro dell’uomo.

Questi restano anche oggi i compagni che mi confortano in questa minacciosa fase, caratterizzata, da noi, da un incombente governo Renzusconi e, sul piano generale, dai segnali inequivocabili di una nuova crisi finanziaria globale e da una situazione geopolitica sempre più prebellica.

Ma oggi siamo meno soli. La grande novità è rappresentata dalla presenza e scesa in campo di Papa Francesco, speranza per tutti e non solo per i cattolici. Finalmente da un’alta cattedra morale si dicono cose giuste e vere. Un’altra novità, ma che deve essere confermata, è che l’effetto congiunto di Brexit e di Trump può avere il benefico effetto di rinserrare le fila dell’Europa e di chiamarla ad una nuova autonomia. La recente presa di posizione della Merkel in questo senso, se sarà suffragata, come penso, da una grande vittoria elettorale, è un altro tassello di speranza.

LA COSTITUZIONE RESISTE
Ho detto che buona parte della Costituzione, ed in particolare gli articoli 1 e 47 che sono al centro del mio discorso, sembrano tacitamente abrogati. Ma non lo sono. Per abrogarli sarebbe necessario cancellare il pensiero sul quale gli stessi poggiano. E invece questo pensiero soffre ma resiste e si pone come argine, pur debole, allo tsunami del neoliberismo. L’articolo 1, che sancisce la dignità del lavoro, di tutto il lavoro, da quello dipendente a quello professionale a quello imprenditoriale, non è mai stato così importante come oggi. Il conflitto, infatti, è tra la dignità dell’uomo e del lavoro e l’asservimento alla finanza. Per questo dico che l’art. 1 non è mai stato così importante, come oggi, e mai, come oggi, il suo significato è chiaro e limpido. In questo conflitto dobbiamo schierarci e la Costituzione ci aiuta a schierarci dalla parte giusta. È confortante ma non sorprendente che tra la Costituzione italiana e quella tedesca ci siano potenti vicinanze e che entrambe abbiano profonde coincidenze con la Dottrina Sociale della Chiesa. Entrambe infatti nascono dalla tragedia imposta, ad entrambi i paesi ed all’Europa tutta, dal fascismo e dal nazismo.

Ma soffermiamoci un po’ proprio sulla Costituzione tedesca, sorella della nostra Costituzione.

Il primo articolo della Legge Fondamentale della Repubblica Federale di Germania (Grundgesetze) è rubricatoDifesa della dignità della persona, ed il primo paragrafo recita:

La dignità della persona umana è inviolabile. Rispettarla e proteggerla è dovere di ogni potere statuale(2).

Trovo bellissimo che la Costituzione di un Paese civile esordisca enunciando questo fondamentale principio(3). Dietro questo articolo c’è la rottura con le tradizioni di pensiero illiberale e statalista che tanto a lungo hanno pesato sulla cultura tedesca; c’è la ribellione ed insieme il confiteor contro gli orrori del nazionalsocialismo; ci sono le strazianti immagini dei sopravvissuti dei campi di concentramento, che il generale Eisenhower fece largamente distribuire affinché non se ne perdesse la memoria. Ma c’è sicuramente anche il pensiero dell’Ordoliberalismo, e c’è la DSC che della dignità della persona umana, fatta a immagine di Dio, ha fatto uno dei suoi pilastri, senza mai nutrire la minima incertezza in materia(4).

Come dice il Concilio Vaticano II, è essenziale che la persona conservi sempre «un irrinunciabile desiderio di dignità»(5) perché:

l’uomo è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale(6).

È questo un tema dove gli incroci fertilizzanti sono stati tanti(7). Ma certamente siamo qui in presenza di uno dei collegamenti più forti e rilevanti tra Economia Sociale di Mercato e DSC, che possono, forse, proprio unendo le forze, arginare e contrastare quell’ideologia ancora dominante, anche se non più vincente, dell’individualismo radicale e delle democrazie predatorie.

DESTINAZIONE UNIVERSALE DEI BENI E DIFFUSIONE DELLA PROPRIETÀ
   Un secondo cardine della DSC è il principio della destinazione universale dei beni. Ed anche qui ci troviamo ad un crocevia dove la Costituzione tedesca, ispirata dall’Ordoliberalismo, si incrocia con un altro principio fondamentale della DSC.

La DSC è sempre stata a favore della proprietà privata, come garanzia della libertà, dignità e responsabilità della persona umana. Ma, al contempo, ha sempre levato il suo monito contro la eccessiva concentrazione della proprietà privata e a favore di una proprietà diffusa; e ha sempre richiesto che la proprietà venga utilizzata non solo con il rispetto degli altri – neminem ledere – ma nella consapevolezza che i beni in proprietà hanno una sorta di ipoteca a favore della loro destinazione universale. Contro la concentrazione della ricchezza si muove anche l’art. 47 della nostra Costituzione, non a caso formulato da gruppi cattolici.

Questa posizione coincide con quella dell’Ordoliberalismo. La differenza è, forse, nel fatto che la Chiesa non ha ben compreso, per lungo tempo, che un’economia basata sulla proprietà privata è anche, necessariamente, un’economia basata sul mercato. Posizione, questa, che sfocia nella Costituzione tedesca, dove nei primi due paragrafi dell’art. 14 si legge:

1) La proprietà e il diritto di successione sono garantiti. Il loro contenuto ed i loro limiti sono fissati dalla legge.
2) La proprietà crea degli obblighi. Il suo uso deve essere utile anche all’insieme della collettività(8).

Qui cogliamo analogie con l’art.41 della nostra Costituzione, soprattutto secondo comma, che qualche tempo fa volevano abolire.

Questa concezione della proprietà, presidio della libertà e dell’iniziativa individuale, ma inserita in una precisa filosofia pubblica della responsabilità e caratterizzata da un’ampia diffusione, è, in realtà, un’idea molto antica, la cui essenza va alle radici del pensiero democratico occidentale. Già Aristotele insegnava:

Ordunque è meglio, come ben si vede, che la proprietà sia privata ma si faccia comune nell’uso: abituare i cittadini a tal modo di pensare è compito particolare del legislatore.

Sul piano della teoria dell’impresa, i migliori studiosi della materia non hanno mai dubitato che la gestione di un’impresa non sia un fatto esclusivo e privato degli azionisti, perché assolve, invece, a una funzione generale di sviluppo. Così P. F. Drucker:

Le imprese […] sono organi della società. Non sono fine a se stesse, ma esistono per svolgere una determinata funzione sociale […] esse sono strumenti per assolvere fini che le trascendono(9).

E il presidente degli USA, Woodrow Wilson, affermava:

Non può dirsi correttamente che una moderna società per azioni basi i suoi diritti ed i suoi poteri sui principi della proprietà privata. I suoi poteri derivano totalmente dall’ordinamento. Le grandi società possono correttamente dirsi un bene comune(10).

E, nello stesso senso, molti altri.

Ma le appassionate parole dei Röpke e degli Einaudi contro la concentrazione della proprietà e della ricchezza, le raccomandazioni della DSC per un uso responsabile della proprietà, le sane teorie sull’impresa come soggetto di sviluppo collettivo, le norme delle nostre due Costituzioni, sono state, specie negli ultimi trent’anni, più che ignorate, irrise e totalmente rovesciate. La concentrazione della ricchezza e del potere economico non solo ha raggiunto livelli mai visti prima, ma è diventata un mito e un obiettivo dichiarato; ed il profitto, anzi, il “capital gain”, è diventato misura di ogni cosa – altro che l’antico detto omnium rerum mensura homo! – Le imprese sono state poste al servizio esclusivo degli interessi degli azionisti, secondo la teoria della maximization of shareholder value, una delle teorie più devastanti degli ultimi 60 anni. La speculazione finanziaria, liberata da tutte le leggi e le regole che la inquadravano e, in parte, giustamente, la imbavagliavano, è diventata selvaggia, ed è diventata ormai, oggi, il vero, anche se negativo, dominus del mondo, facendo fare a tutto il sistema un salto indietro di cento anni, sul piano culturale e ideologico oltre che operativo, dando così nuova legittimazione al giudizio che il presidente USA Woodrow Wilson, nei primi anni del Novecento, aveva pronunciato: «Il grande monopolio di questo Paese è quello del denaro». Fino al punto che i governi occidentali, tanto individualmente – a partire da quello degli USA – che come G20 – embrione di una comunità internazionale –, sono stati spinti in una posizione subalterna rispetto al potere finanziario, e balbettano, impauriti, senza più dignità.

Questo potere finanziario, irresponsabile e diabolico, queste autentiche strutture di peccato, ci porteranno, di crisi in crisi, alla rovina totale. Per questo bisogna unire le forze della ragione, della civiltà, della fede, della democrazia e della cultura contro questo mondo guidato da un oligopolio che impropriamente chiamiamo mercato. Ma ciò che è necessario, prima di tutto, è un mutamento profondo dei paradigmi economici dominanti. Altro che legittimarli e proteggerli, come fa la grande maggioranza degli economisti(11)! E questo passaggio non può realizzarsi se rimaniamo rinchiusi nell’armamentario concettuale economico tradizionale. È necessario uno sguardo e un’ispirazione molto più ampia.

È necessario un salto di civiltà. Dobbiamo mobilitare insieme filosofia e religione, diritto, economia e sociologia, fede e ragione(12), pensiero democratico e pensiero sociale, nella prospettiva di un neoumanesimo globale.

STATO SOCIALE E PRINCIPIO DI SOLIDARIETÀ
Nella Costituzione tedesca troviamo un altro incrocio cruciale tra Economia Sociale di Mercato e DSC. Lo troviamo nell’art. 20, comma 1, che recita:

   La repubblica federale tedesca è uno stato democratico e sociale(13).

È questo un altro articolo fondamentale, insieme al già citato art. 1 sulla dignità dell’uomo come valore inalienabile, tanto che entrambi godono, grazie all’art. 79, comma 3, della Costituzione, della c.d. garanzia dell’eternità, «Ewigkeitendgarantie», in quanto i loro principi non possono essere mutati da alcuna maggioranza parlamentare. L’articolo 20, comma 1, contiene i cinque pilastri dell’ordinamento costituzionale della Germania, che è: una repubblica, una democrazia, uno Stato di diritto, uno Stato federale, uno Stato sociale. Ai fini della nostra riflessione mi concentrerò sull’ultimo pilastro: la Germania è costituzionalmente, e senza possibilità di modifiche, uno Stato sociale.

Le radici dello Stato sociale sono molto antiche, in Germania, e non sono state certo inventate dalla dottrina dell’Ordoliberalismo, né dalla Costituzione del 1949. Anche il nazismo pretendeva di essere uno Stato sociale ed, in un certo senso, limitatamente ai suoi membri, lo era. Ma la caratteristica di Stato sociale non va vista isolatamente, bensì insieme agli altri pilastri della Costituzione tedesca: Stato repubblicano, democratico, di diritto, federale. Infatti si sarebbe quasi portati a precisare: e quindi Stato sociale. Molti ordinamenti, possiamo dire la maggioranza in Europa, pur senza definirsi esplicitamente tali, sono concretamente organizzati con una forte impronta di Stato sociale. Naturalmente, le caratteristiche concrete con le quali un ordinamento realizza questa qualità possono essere varie e possono variare nel tempo. Ma che una Costituzione, come quella tedesca, riconosca come caratteristica generale di uno Stato l’essere sociale, non è né comune né senza conseguenze. È una scelta di campo, definitiva, pur nel mutevole atteggiarsi delle soluzioni concrete. Ciò vuol dire che il principio della solidarietà sociale, principio fondamentale della DSC Sollicitudo rei socialis, 38-40 – insieme al connesso principio di sussidiarietà, diventa una direttiva non discutibile per il legislatore ordinario e per i reggitori. Si tratta, in questo caso, di un obiettivo costituzionale rivolto ai reggitori che non fa nascere precisi diritti del singolo. Ma è un obiettivo di grande rilievo che va, come già detto, visto in stretto collegamento con l’art. 1, comma 1, sulla dignità della persona.

Su questa radice costituzionale della solidarietà sono innestate istituzioni tipicamente tedesche, come laMitbestimmung – partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori ai consigli di sorveglianza delle imprese di maggiori dimensioni –, che sono presidio importante della tenuta democratica del Paese. Anche in Germania, negli anni recenti, si è verificato un forte processo di concentrazione della ricchezza, ma in misura più moderata che in altri Stati, come USA, Inghilterra e Italia. Anche in Germania, negli anni recenti della globalizzazione, si sono scatenati forsennati attacchi, soprattutto di matrice internazionale, per distruggere ed eliminare lo Stato sociale. Ma il presidio costituzionale e la tradizione culturale del Paese hanno fatto argine in misura molto più forte e soprattutto in modo molto più fondato ed ordinato, che in altri Paesi pasticcioni come l’Italia, a questo attacco forsennato che, in fondo, null’altro è che un attacco alla democrazia e alla dignità della persona. Come scrive un brillante commentatore tedesco(14), con parole che valgono anche in relazione alla nostra Costituzione:

Secondo la Costituzione, l’economia è al servizio dell’uomo e non il contrario. Concretamente: le banche non devono, in prima linea, spingere sempre più in alto il loro profitto, costi quello che costi, ma piuttosto devono, ad esempio, offrire finanziamenti il più possibile favorevoli, affinché imprese intraprendenti realizzino nuove iniziative. Questo intendiamo con l’espressione economia sociale di mercato nel senso della Costituzione. Anche se questo concetto non è esplicitamente incardinato nella Costituzione, questa economia sociale di mercato corrisponde al disegno della nostra Costituzione. Ciò è stato formulato, in termini generali, dall’arcivescovo di Monaco, Reinhard Marx (che non è un discendente di Carlo Marx): «l’economia sociale di mercato è espressione di una civiltà. Molti l’hanno scordato» […]. L’uomo di chiesa, Marx, rappresentante della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, ci ricorda correttamente i fondamenti etici di una buona economia, cioè di un’economia al servizio dell’uomo. Egli induce a riflettere dicendo: «Un capitalismo senza etica e senza un solido ordinamento giuridico è ostile all’uomo». É un‘affermazione che coincide perfettamente con i principi della nostra Costituzione. Purtroppo non si può negare l’impressione che, nei piani alti di banche e grandi imprese, anche tedesche, si è, nel tempo, diffuso un pensiero che chiaramente ignora del tutto questa configurazione della Costituzione. Naturalmente l’economia non può e non deve farsi carico dei compiti propri della politica. Ma le imprese non esistono solo per assolvere scopi propri e per servire gli interessi di manager ed azionisti. «La proprietà crea degli obblighi. Il suo uso deve anche essere utile all’insieme della collettività». Questi due paragrafi dell’articolo 14 della Costituzione è tutto ciò che sta scritto nel testo costituzionale per illustrare che non è vero che, oltre al profitto, l’economia non deve pensare ad altro. Certamente il profitto è importante, ma come mezzo non come scopo, affinché le imprese siano utili alla collettività […]. Questo è il cuore ragionevole di una economia umana, qui si radica la responsabilità delle imprese in una economia sociale di mercato […]. La Costituzione è un testo giuridico nazionale, ma, se si vuole, con una prospettiva mondiale. La sua validità si limita al territorio della repubblica federale, ma essa contiene indirizzi che possiedono una valenza per costruire un ordine economico internazionale, un capitalismo con regole e con rischi governabili […]. Ogni mercato in ogni città è ancora oggi circondato da altre istituzioni: il comune, l’asilo, la scuola, l’ospedale. E spesso nel mezzo della piazza del mercato, c’è la Chiesa. Questi sono solo alcuni esempi che servono ad illuminare di cosa una comunità ha bisogno, oltre al mercato, per poter durare nel tempo(15). La giustizia sociale non è un lusso che ci possiamo concedere solo nei tempi facili, ma un diretto imperativo costituzionale che resta in vigore anche nei tempi difficili.

La Costituzione è cosciente che non si può, da soli, percorrere questa ardua via, e lo testimonia l’art. 23, comma 1, che recita:

La repubblica federale tedesca è impegnata a collaborare alla realizzazione di un’Europa unita, attraverso l’Unione Europea, che sia fondata sui principi di uno Stato democratico, di diritto, sociale e federale secondo il principio di sussidiarietà e che garantisca, in essenza, diritti simili a quelli garantiti da questa Costituzione. Di conseguenza la repubblica federale con legge approvata dal parlamento federale può trasferire poteri sovrani(16).

Ma si veda anche il preambolo(17).

Certamente sono tante le difficoltà concrete per la realizzazione, corretta ed efficiente, di uno Stato sociale. Ed in primo luogo si pone la necessità di distinguere tra Stato sociale e Stato assistenziale, quale è, in parte, quello italiano. Lo Stato sociale, correttamente inteso, non perde efficienza, come temono sempre molti economisti, perché la socialità e la solidarietà sono componenti necessarie dell’efficienza duratura. Senza solidarietà, l’unica efficienza possibile è a breve termine, ed è quella dei campi di concentramento. Lo Stato assistenziale è altra cosa rispetto allo Stato sociale, ed è comunque estraneo sia all’Economia Sociale di Mercato, che alla DSC, che ad entrambe le Costituzioni, sia quella italiana che quella tedesca. Poiché le fonti della DSC a sostegno di questa affermazione sono talmente tante che diventa perfino difficile citarle, mi rifarò ad una fonte meno nota: i magnifici discorsi che Giovanni Paolo II pronunciò a Napoli nel corso della sua visita pastorale nel novembre 1990. Egli parlò alla cittadinanza, e singolarmente a tutte le principali componenti della stessa. Il centro del suo messaggio, ai fini del tema che ci interessa, è riassunto nei seguenti passaggi(18).

Occorre che la società civile napoletana nel suo insieme, sia protagonista del suo stesso sviluppo; che il popolo di Napoli coltivi una forte coscienza sociale, e quale custode dei ricchi valori della sua tradizione, si faccia promotore di un fecondo rapporto con le istituzioni. Ad ogni diritto corrisponde un dovere. In questo caso ogni istanza sociale è chiamata ad offrire il suo supporto; le strutture politiche ed amministrative, il mondo del commercio e dell’industria, i lavoratori e le associazioni che li rappresentano. In tali impegni consiste la solidarietà che necessariamente deve presiedere la vita sociale.

Lo sviluppo del Mezzogiorno vi sarà, quando si sprigioneranno le energie locali. Voi imprenditori dovete essere in prima fila in questo sforzo.

Ma mi piace anche ricordare la Mater et Magistra di Giovanni XXIII, del 1961, che è tutta un inno all’«attitudine di responsabilità», che si auspica diffusa a tutti i livelli. Lo Stato ha il dovere di favorire lo sviluppo di un sistema solidale, ma secondo un rigoroso principio di sussidiarietà. Riproduco qui una pagina del mio citato scritto, dedicato alle encicliche sociali:

«Anzitutto va affermato che il mondo economico è creazione dell’iniziativa personale dei singoli cittadini». È la frase con cui inizia la parte II. Il mondo economico non è frutto né del capitale, né del proletariato. È frutto dell’iniziativa personale. Dovere dello Stato, dell’ordinamento, della morale, è che il mondo si sviluppi tenendo conto del bene comune. Ma il bene comune è il frutto dell’iniziativa personale, o non è. Mai in un’enciclica, né prima né poi, si esprimerà, con tanta chiarezza, il valore positivo dell’iniziativa personale in campo economico, cioè di quella che io chiamo economia imprenditoriale.

Questo valore non viene radicato su premesse mediocri, ma, a sua volta, su un più elevato valore, quello della libertà, e su quello, connesso, dello sviluppo: «L’esperienza infatti attesta che dove manca l’iniziativa personale dei singoli vi è tirannide politica; ma vi è pure ristagno dei settori economici diretti a produrre soprattutto la gammaindefinita dei beni di consumo e dei servizi che hanno attinenza oltre che ai bisogni materiali, alle esigenze dello spirito: beni e servizi che impegnano, in modo speciale, la creatrice genialità dei singoli».

Non è casuale che Wilhelm Röpke, economista luterano, fosse un grande estimatore della Mater et Magistra.

Altri incroci tra le dottrine dell’Ordoliberalismo, la sua realizzazione nella forma di Economia Sociale di Mercato, e la DSC sono, certamente, identificabili, come scrive Wilhelm Röpke(19). Ma forse è più utile fermarsi ai tre pilastri che abbiamo discusso: dignità della persona, destinazione universale dei beni e diffusione della proprietà, Stato sociale e principio di solidarietà.

In relazione a questi tre pilastri abbiamo identificato importanti coincidenze, sovrapposizioni, unità di ispirazione e di obiettivi, tra le nostre Costituzioni e la DSC.

Ma quale è l’utilità di rilevare tali coincidenze? Alcuni elementi sono già emersi nel corso della nostra analisi. Ma vorrei ora tentare di dare una risposta più organica e più approfondita a questa domanda fondamentale.

Abbiamo vissuto a lungo le profonde incomprensioni che ci sono state tra la Chiesa e il moderno pensiero liberale, sui temi dell’economia. Inutile negarlo. Da parte della Chiesa – nei fatti, negli atteggiamenti informali, ma mai nelle encicliche! – si è a lungo coltivata una forte preferenza per le soluzioni di impronta collettivista e socialista, ed una profonda diffidenza verso il mercato, verso l’impresa e i suoi meccanismi. Da parte dell’economia liberale si è, invece, alimentata una grossolana ignoranza della DSC ed una sorta di disprezzo intellettuale della parola della Chiesa. Solo pochi spiriti veramente laici e liberi, come l’economista luterano Wilhelm Röpke, hanno avuto la forza morale e intellettuale di scrivere parole come queste:

 Non sarebbe una cattiva idea quella di scrivere la storia economica della nostra epoca cercandone i riflessi nei messaggi che la Santa Sede ha promulgato al mondo dall’inizio dell’era industriale, per applicare la dottrina sociale della Chiesa cristiana ai problemi posti dalla moderna società industriale. Fondamentalmente questa dottrina sociale è rappresentata da una filosofia dell’uomo e della società immutabile come lo stesso insegnamento cristiano-umano, nato dal singolare connubio della filosofia antica con il cristianesimo. È stata questa dottrina a creare le basi sulle quali si è formata la cultura occidentale e a darci quei principi che non possiamo abbandonare senza rinunciare a questa cultura: cattolici o protestanti, fedeli o agnostici, se non vogliamo macchiarci di tradimento verso il patrimonio spirituale e morale dell’Occidente, dobbiamo considerare quei principi tanto incrollabili da non poterli nemmeno discutere”(20).

Allora perché continuare a insistere su antichi terni, totalmente superati dalla storia? Ma perché non leggete laGaudium et Spes? Ma perché non leggere la Centesimus Annus, e soprattutto il fondamentale paragrafo 42?

Ritornando ora alla domanda iniziale, si può forse dire che, dopo il fallimento del comunismo, il sistema sociale vincente sia il capitalismo, e che verso di esso vadano indirizzati gli sforzi dei Paesi che cercano di ricostruire la loro autonomia e la loro società? È forse questo il modello che bisogna proporre ai Paesi del Terzo Mondo, che cercano la via del vero progresso economico e civile? La risposta è ovviamente complessa. Se con “capitalismo” si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione, della libera creatività umana nel settore dell’economia, la risposta è certamente positiva, anche se forse sarebbe più appropriato parlare di “economia d’impresa”, di “economia libera”. Ma se con “capitalismo” si intende un sistema in cui la libertà nel settore dell’economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione di questa libertà, il cui centro è etico e religioso, allora la risposta è decisamente negativa(21).

Perché non ripartiamo da qui e non cerchiamo, partendo da qui, di affrontare insieme i problemi cruciali del nostro tempo, guardando a ciò che unisce e non a ciò che divide? Non vorrei essere frainteso. Il lavoro storico di recupero dei vecchi testi e il lavoro culturale per interconnetterli tra di loro, e con il nostro tempo, è prezioso. Ma accanto ad esso bisogna guardare al presente e al futuro, perché la casa brucia e i pericoli che incombono su di noi, sui nostri figli e sui nostri nipoti sono gravissimi.

Se il paragrafo 42 rappresenta la definitiva accettazione da parte della DSC dell’economia di impresa “e dell’economia libera” – dopo che grande strada era già stata percorsa, soprattutto dalla Rerum Novarum, dallaMater et Magistra, dalla Gaudium et Spes e, per fortuna, questa acquisizione non è stata messa in dubbio dallaCentesimus Annus – l’ultima parte di questo paragrafo è profetica. In mancanza di un «solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale» e di «un centro etico e religioso», allora si fuoriesce dall’economia d’impresa o dall’economa libera e si entra in una giungla “capitalista” – per quel che vuol dire questo termine ambiguo – che impropriamente chiamiamo mercato. Qui DSC ed Economia Sociale di Mercato coincidono. E qui entrambe condannano ciò che è avvenuto negli ultimi venti anni, perché ciò che il papa condanna è esattamente una lettura profetica di ciò che è avvenuto dopo il 1991.

Sarebbe interessante, con questa chiave di lettura, approfondire alcuni interventi legislativi e di governo, per illustrare in concreto come la nostra Costituzione, come del resto quella tedesca, esprimono una barriera contro il dilagare del neoliberismo e dei servi che allo stesso si sono venduti. Ma mi limiterò a leggere le conclusioni che stesi dopo avere ottenuto, con un ricorso di cui sono stato primo firmatario, che la sciagurata legge contro le Banche Popolari, venisse sottoposta all’esame della Corte Costituzionale, per sospetta anticostituzionalità:

“La nostra Costituzione è un grande baluardo per resistere a ulteriori concentrazioni di potere finanziario, per una economia ed una finanza partecipativa dove c’è posto per i grandi e per i piccoli, per un’economia del libero intraprendere ma nel rispetto di diritti sovraordinati, in rapporto a quelli, pur legittimi, della buona finanza; per un’economia, una società, una cultura equilibrate che si oppongono all’uniformità ed omogeneizzazione tecnocratica per le quali solo le grandi dimensioni meritano rispetto. Ecco perché non perdono occasione per tentare di scardinarla. Questa, e semplicemente questa, è la partita in gioco nel tentativo in atto di omogeneizzare e banalizzare tutte le nostre strutture bancarie, per sottoporle al pensiero unico di chi pensa che le banche popolari, e tutto il credito cooperativo, siano un’anomalia del sistema. Ed in effetti si tratta di un’anomalia rispetto al loro sistema. Ma il loro sistema è esattamente quello che i padri costituenti non volevano.

 

 

NOTE
(1) Per quanto mi riguarda il rinvio è ai miei libri: America Punto e a capo, Libri Scheiwiller 2002 e Passaggio al Futuro, Oltre la crisi attraverso la crisi, Egea, 2010.
(2) Il testo completo in tedesco è il seguente: «Die Wiirde des Menschen ist unantastbar. Sie zu achten und zu schiitzen ist Verpflichtung aller staatlichen Gewalt».
(3) Per un confronto con l’Art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana si veda A. QUADRIO CURZIO: «Già nell’art. 1 della Costituzione, affermando che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” si lasciavano aperte possibili estensioni anche verso concezioni di supremazia della “persona umana” (di cui si parla in successivi articoli) che esprime valori ben superiori e più ampi da comprendere, tra gli altri, anche quello del lavoro». A. QUADRIO CURZIO, Il peccato originale della Costituzione in La Costituzione criticata, ESI, Napoli 1999.
(4) «L’idea di persona: questa è un’idea cristiana, nel complesso estranea alla tradizione islamica e a quella asiatica e africana. L’ideale politico che risulta più congruo al cristianesimo è una democrazia delle persone, non degli individui». Vittorio Possenti, Oltre l’illuminismo pag. 166.
(5) Citato da Karol Wojtyla, nell’intervista di V. POSSENTI, Sulla dottrina sociale della Chiesa (1978), pubblicata in appendice al citato libro di V. POSSENTI, Oltre l’Illuminismo, cit., 258.
(6) Gaudium et Spes, n. 63.
(7) Pensiamo a Kant: «riconosci che gli individui umani sono fini e non usarli come puro mezzo per i tuoi fini». Pensiamo alla Dichiarazione d’Indipendenza delle colonie americane del 1726: «We told these thrust to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by the Creator with unalienable rights». Pensiamo all’Umanesimo integrale di Maritain. Pensiamo a san Tommaso d’Aquino, secondo cui la persona è dal Creatore «propter se quaesita in universo». Tutti citati in V. POSSENTI, Oltre illuminismo, cit.
(8) Artikel 14 (Eigentum, Erbrecht und Enteignung).
1. Das Eigentum und das Erbrecht werden gewärleistet. Inhalt und Schranken werden durch die Gesetze bestimmt.
2. Eigentum verpflichtet. Sein Gebrauch soll zugleich dem Wohle der Allgemeinheit dienen.
(9) P. F. DRUCKER, Manuale di Management, Etas Libri, Milano 1978.
(10) W. WILSON, The New Freedom, 1913: «A modern joint stock organization cannot in a proper sense be said to base its rights and powers upon the principles of private property. Its powers are wholly derived from legislation. The large corporation is in a very proper sense everybody’s business».
(11) D. TETTAMANZI, Etica e CapitaleUn’altra economia è davvero possibile? Rizzoli, Milano 2009.
(12) Fides et ratio, Enciclica di Paolo Giovanni II: «Non ha dunque motivo di esistere competitività alcuna tra la ragione e la fede: l’una è nell’altra e ciascuna ha un suo spazio di realizzazione. È sempre il libro dei Proverbi che orienta in questa direzione quando esclama: “È gloria di Dio nascondere le cose, è gloria dei re investigarle” (Pr 25, 2)».
(13) Art. 20, (1): «Die Bundesrepublik Deutschland ist ein demokratiseher und sozialer Bundesstaat».
(14) P. ZOLLNG, Das Grundgesetz. Unsere Verfassung, wie sie entstand und was sie ist, Cari Hanser Verlag, Miinchen 2009. La traduzione è personale.
(15) Si veda la straordinaria analogia con la famosa descrizione della fiera mercato di Luigi Einaudi. Peter Zolling intitola questo paragrafo con l’efficace espressione: “Kein Market ohne Rathaus” (nessun mercato senza il Comune).
(16) Zur Verwirklichung eines vereinten Europas wirkt die Bundesrepublik Deutschland bei der Entwickltmg der Eurogschen Union mit, die demokratischen, rechtsstaatlichen, sozialen und fliderativen GrundsMzen und dem Grundsatz der Subsidiarità verpflichtet ist und einen diesem Grundgesetz im wesentlichen vergleichbaren Grundrechtsschutz gewährleistet. Der Bund kann hierzu durch Gesetz mit Zustimmung des Bundesrates Hoheitsrechte iibertragen».
(17) Preambolo alla Legge Fondamentale per la Repubblica Federale Tedesca: «Nella coscienza della sua responsabilità di fronte a Dio ed agli uomini, con la volontà, come partner paritetico in una Europa unita, di servire la causa della pace nel mondo, il popolo tedesco, per forza dei suoi poteri costituenti, si è dato la presente Costituzione», «Präambel. Im BewuBtsein seiner Verantwortung vor Gott und den Menschen, von dem Willen beseelt, als gleichberechtigtes Glied in einem vereinten Europa dem Frieden der Welt zu dienen, hat sich das Deutsche Volk kraft seiner verfassungsgeben den Gewalt dieses Grundgesetz gegeben”.
(18) Questi discorsi sono riuniti nel fascicolo Giovanni Paolo II a Napoli, EPI (Istituto per ricerche e attività educative), Napoli, dicembre 1990, edizione fuori commercio.
(19) Ne ho già parlato tre anni fa, sostenendo che “l’economia di mercato non è sufficiente”. Dicendo “l’economia di mercato non è sufficiente”, è stato già espresso il concetto della lotta su due fronti; vale a dire l’economia di mercato è una condizione necessaria, ma non sufficiente per un ordinamento economico produttivo, redditizio e degno dell’uomo […] È della massima importanza quanto segue: come base morale dell’economia di mercato è indispensabile quel patrimonio etico che abbiamo raggiunto per effetto dello sviluppo mille-natio dall’Antichità, attraverso il cristianesimo, fino al giorno d’oggi. Questo significa, per dirlo concisamente, che la base etica dell’economia di mercato è costituita dai Dieci Comandamenti. Essi sono indispensabili e allo stesso tempo sufficienti. Sarebbe solo auspicabile che fossero rispettati. È significativo che per il collettivismo i Dieci Comandamenti non bastino più, ma che le più svariate azioni – che secondo il decalogo sono eticamente neutrali o forse anche negative – sono giudicate positivamente, mentre d’altro canto vengono bollate come criminose, e perseguitate come tali, azioni che secondo la nostra morale non lo sono affatto». Il Vangelo non è socialista, cit., 65, 66.
(20) W. RöPKE, L’enciclica Mater et Magistra, in Il Vangelo non è socialista, cit., 87.
(21) Centesimus Annus n. 42.

 

Città storiche: cosa non fare! A cura di Gianluca Nava

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Scorci della Città Storica di Cosenza

a cura del Prof. Gianluca Nava, delegato Restauro e patrimonio culturale Movimento NOI/

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Gianluca Nava – Delegato al Restauro e Beni Culturali del Movimento NOI

Prima di affrontare la questione relativa alle Città Storiche, va detto che la loro morte è solo questione afferente il mondo della politica. Lasciare morire il cuore antico delle nostre Città, significa non avere nulla da dire al Turista, al Viaggiatore e al Pellegrino che, muovendosi, muove anche l’economia e produce lavoro e occupazione. Il Movimento NOI – Rete Umana, ha un grande progetto per la riedificazione prima “morale” e poi strutturale delle Città Storiche, delle quali si occuperà politicamente. Ma ora, in attesa di avere i numeri per farlo, l’analisi critica dell’esistente ci consente di avere una visione allargata di quanto accade attualmente.

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I tetti di parte della vasta Città Storica di Cosenza -Foto: cortesia ITALIAEXCELSA

ITALIA: UNA SOLA GRANDE CITTA’ STORICA
L’Italia è una enorme CITTA’ STORICA. Ciò che rende vera e viva questa affermazione è l’enormità della superficie del nostro territorio che presenta patrimonio costruito di almeno cento anni (…o giù di li…). Tecnicamente, può dividersi dal costruito moderno che conserva al suo interno la presenza delle malte cementizie e, nello specifico, del cemento Portland. Essere coscienti di questa verità presuppone che, le valutazioni dei “fenomeni” che ci circondano, siano complete e pertinenti e soprattutto non generino falsità, luoghi comuni o, nel peggiore dei casi, elidano l’esistenza stessa di questi nuclei.

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Panoramica di parte della Città Storica di Cosenza -Foto: cortesia ITALIAEXCELSA

CITTA’ STORICHE E NON CENTRI STORICI
Più impropriamente nominati “centri storici”, si tratta invece di “città storiche”, ovvero di nuclei che i nostri antenati hanno provveduto a pensare e realizzare, con strumenti, tecniche e temperie culturali coeve al momento del concepimento. L’errore lessicale che sovente si compie, dunque, racchiude un approccio metodologico e teorico che non giova alla sua attualizzazione, dove l’assunzione cronologica non è da intendersi come istinto modernizzante, bensì un modo consono di fruizione, finalmente rispettoso di una solida e impenetrabile INTEGRITA’. Le riflessioni sull’integrità delle nostre città antiche, scaturiscono dalle attuali (purtroppo!!!) tendenze, diabolicamente opposte, che imperano nel pensiero dei nostri amministratori.

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I tetti di parte della vasta Città Storica di Cosenza – In primo piano il Duomo di Cosenza – Foto: cortesia ITALIAEXCELSA

L’ITALIA VANTA CORRETTI MODELLI DI USO DELLE CITTA’ ANTICHE
Fatte le opportune eccezioni, che si ergono a modelli da imitare, si pensa sempre più sovente ai nostri angoli di identità, come delle vetrine contenenti dei giocattoli da possedere, da acquistare o da consumare. Il significato dei verbi citati è assolutamente antitetico con il corretto pensiero da proporre, anche per supportare un eventuale e concreta ipotesi di sviluppo e di economia. L’Italia può vantare esempi di corretto “uso” delle città antiche che si localizzano in Toscana, Emilia Romagna e Marche (Firenze, Ferrara e Urbino), dove le comunità (intese come governi locali) non si sono adoperate ponendo in essere degli stravolgimenti delle cosiddette “funzioni” ed hanno storicamente agito nell’assecondare le vocazioni pulsanti identitarie di quei posti.

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Alcuni edifici abbandonati all’incuria nel cuore della Città Storica di Cosenza

SU COSENZA GRAVI RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI
Il nostro vanto, nel caso contradditorio, non può certamente dirsi nei “modelli” di Cosenza e Matera, quest’ultima, opponibile con molta veemenza, poiché designata come Capitale della Cultura 2019. Nel caso della città calabrese, gli amministratori locali, con alterne responsabilità di diverso peso e misura, hanno pensato che il nucleo antico fosse da consumare destinando economie sempre più ridicole, eliminando da questo le funzioni “imprescindibili” per la sopravvivenza ed inserendo dei “doni con fiocco” da propinare ad un “tipo” di turista distratto e veloce. L’aggravante, per questo “modello” è che nel novero dei turisti, i cosentini, sono stati costretti ad auto includersi, poiché, citando Pierluigi Cervellati, le città appartengono prima alle persone e, solo poi, agli ambienti che li ospitano.

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Città Storica di Cosenza: Biblioteca Civica e Statua di Bernardino Telesio – Foto: cortesia ITALIAEXCELSA

COSENZA ABBANDONATA DAI COSENTINI CHE ORA INIZIANO A CAPIRE IL DANNO GRAVE
Cosenza, quindi, è stata abbandonata dai cosentini che, ora chiedono, più o meno consapevolmente che, si cancelli l’errore da loro compiuto. Con molto rigore, si citano elogiandoli, modelli “di gestione” recenti (governo Mancini) che andrebbero, per opinione diffusa, reiterati. Sapendo di attirarmi l’ira dei lettori bruzi, credo che l’espressione governativa idonea a pensare l’esistenza stessa di Cosenza storica, non ci sia mai stata. Cosenza, ha inferto al cuore pulsante della sua identità un colpo che sta per decretare il suo orribile e diabolico oblìo. Lo ha fatto considerando che la modernità si cucisse al suo abito molto più di qualsiasi altra cosa. E’ dunque chiarito il grande errore, non solo lessicale, che non trattasi di “centri storici” ma di “città storiche”. Questi nuclei ci hanno accolto e noi vi abbiamo vissuto, così come abitiamo e viviamo le nostre case Hi-tech, con gli ascensori, l’aria condizionata e le mega TV in 4K.

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Città Storica di Cosenza – Foto: cortesia ITALIAEXCELSA

CENTRI STORICI: DANNOSI ASSEMBRAMENTI DI BOTTEGHE CHE CREANO “FALSI OCCASIONALI”
Noi dobbiamo tornare a viverle
non come fossero dei contenitori alieni, ma come piccoli scrigni di vita quotidiana, con normalità e buon senso. Nell’esempio di Cosenza, non va omesso che l’oblìo ha prodotto una “regolare” anomalia di tipo sismico, unita ad emergenze di dissesto idrico e geologico. Prima ancora di richiamare orde di gente da ogni dove, i cosentini dovranno essere bravi a “restaurarsi”. Un restauro del pensiero ancor prima di quello canonico delle strutture. Un lavoro pluriennale, alacre, certosino che ricostruisca un puzzle esploso centinaia di anni fa. Non è incentivando gli spazi di movida notturna, di ristorazione di varia qualità e costo, di comunicazione di brand più o meno autoctoni e né assemblando negozietti di artigianato di dubbia matrice asiatico-bruzia che ci si può auto-assolvere o, auto incensarsi per un elenco di iniziative che celano dietro il significato di “cultura”, false ipotesi di reintegrazione o re-occupazione. Non sono attuabili, allo stesso modo delle citate, l’assembramento di botteghe di antichi mestieri, replicate in un “falso” senso una dietro l’altra.

Il Movimento NOI - Rete Umana
Il Movimento NOI – Rete Umana

I CENTRI STORICI HANNO BISOGNO DI VITA AUTENTICA E DEDICATA
Le nostre città hanno sempre avuto l’arrotino, il fabbro, il droghiere, il liutaio, il restauratore, il panettiere e poi anche la scuola, il luogo per curarsi il fisico e la mente, il luogo ove mangiare o ascoltare musica o bere un caffè con gli amici. Debbono continuare ad essere così…niente di più! Tutto quello che si aggiunge è, antropologicamente avvertito, come diverso. Il turista vero, quello che resta almeno una settimana e che ritornerà con altre persone, ha bisogno che visitando si compia una magìa…una simbiosi!

LE CAPITALI DELLA CULTURA ALLA “SPICCIOLATA”
La nostra Italia non crea una magìa, quando, la Capitale della Cultura 2019, tramite gli amministratori locali del potere, si incanta con la “gallina dalle uova d’oro” e concede ad imprenditori della “spicciolata” le autorizzazioni per “assediare” il centro storico di Matera con centinaia di negozi del food, la quale tipicità è nefasta e pittoresca….Mentre le 4 librerie attive (alcune con tradizione pluriennale), chiudono! Il dato è secco e fa perdere il sonno!

LA DICOTOMIA: LE CAPITALI DELLA CULTURA CHIUDONO LE LIBRERIE
Ma come?!?…Siete la Capitale della Cultura e chiudete le librerie proprio lì dove si compie la magia e l’incanto che il turista anela? Storicamente non si tratta del primo esempio in cui veniamo smascherati. Altre volte abbiamo dovuto difendere il nostro appeal di nazione colta, eclissato da varie “furbate” del genere. E non siamo stati esentati da feroci critiche dall’esterno. A ragion veduta però… Le città storiche non vanno consumate, ma vanno vissute! E’ questa la strada da seguire.

Lo sviluppo sostenibile è un assioma da perpetrare ovunque.

QUALE STILE DI VITA ED ECONOMIA NEL FUTURO?
Consumare in un modo corretto e lungimirante quello di cui si dispone. Questa è la nostra nuova vita! Un modello alternativo non esiste, non è attuabile, è dannoso e produce esclusivamente il desiderio economico dei “prenditori” ed il loro immediato incanto. Questo pseudo-idillio si traduce in un turismo “di massa” per il quale non tutte le nostre città storiche sono vocate. Avere migliaia di turisti che riempiono i nostri “piccoli” nuclei storici consumando vagonate di hamburgers è una attività alla quale non siamo vocati. Per le loro naturali dimensioni, le nostre città, al dire il vero, non hanno bisogno nemmeno di migliaia di turisti che pretendono di avere da noi quel che hanno nei luoghi da dove provengono.

TURISMO: ACCOGLIERE EDUCANDO
Le città italiane che possono offrire questo esistono già e sono anche troppe. Il turista straniero deve essere educato (ed esistono dei modi consolidati ed affidabili per farlo!) a visitare la nostra identità, la nostra tipicità, il nostro modo di pensare, ma soprattutto il nostro modo di vivere!!! Qualcuno mi spieghi quanto sia valida la visita di Otto Bergen, Cho Ming, Fred Smith che passeggiano per i vicoli di Matera e Cosenza, fagocitando “robaccia” come nelle loro città al posto dei “cadeau” della dieta mediterranea, oppure allineandosi nei percorsi tradizionali dei luoghi di culto, privandosi delle nostre tipiche “urla” o di un concerto improvvisato in un anfratto. Il futuro delle città italiane passa attraverso un rinnovato pensiero delle stesse, delle loro propensioni e delle loro regole. Molto c’è da fare…ma tra pensare il solo bene ed attuare la rinascita, il passo è breve.

 

Movimento NOI Rete Umana: quelli della Politica con la “P” maiuscola

Il Movimento NOI – Rete Umana nasce dall’invito di Papa Francesco rivolto ai Cattolici Italiani ai quali chiede di fare politica “ma quella con la P maiuscola”.

Abbiamo deciso di farlo proprio ora – afferma Fabio Gallo, uno dei portavoce del Movimento NOI – nel momento in cui l’attacco al Santo Padre è giunto a livelli inaccettabili perché artefice di un cambiamento radicale, attuato con passi certi come solo quelli percorsi nella direzione del Vangelo possono essere. La politica, non solo in italia, ha grandi responsabilità in tutto quanto di disastroso sta accadendo in materia ambientale, economico-finanziaria, di sicurezza e occupazionale che per i giovani è praticamente zero, se si desidera mantenere la testa alta e vivere con dignità. NOI siamo al suo fianco con progetti concreti e innovativi, in grado di creare occupazione e rendere salde le nostre radici giudaico-cristiane e greco-romane in un contesto ecumenico e di pace. La politica deve cambiare contenuti e trovare nuove ispirazioni in un nuovo umanesimo. Oggi – conclude Fabio Gallo – è come un gatto che si morde la coda. E un gatto che insegue solo la sua coda, non vedrà mai nuovi orizzonti. NOI non siamo Santi ma Cittadini che si ritrovano in una grande Comunità Cattolica per imparare anche a rialzarsi dopo le cadute, certi che il riconoscimento delle nostre imperfezioni sia la strada del cambiamento”

Il Movimento NOI Rete Umana è dotato di tre supporti digitali già operativi on line:
il Sito istituzionale www.movimentonoi.it;
l’Applicazione web www.retenoi.it che gestisce la rete politica;
il Magazine con il quale interagisce con altri Movimenti Cattolici www.noimagazine.it

Cosenza, Beni Librari in fiamme. Come assicurarli ai posteri

Nella storia sono infiniti gli incendi che hanno cancellato per sempre pergamene, manoscritti e grandi contributi culturali che oggi ci avrebbero resi ancora più ricchi. Dopo millenni di barbarie subite dal Patrimonio Culturale oggi, lo sviluppo delle innovazioni tecnologiche, ci consente di “digitalizzare” i grandi fondi librari di valore che devono essere protetti da furti, incendi, terremoti, ma anche diffusi per il diritto alla conoscenza.

Beni Librari
Beni Librari

I fatti relativi al grave incidente accaduto recentemente nel Centro Storico di Cosenza nel quale hanno perso la vita tre cittadini e ove le fiamme avrebbero distrutto un importante fondo librario, fa riflettere sulla sicurezza in generale e su come un fondo librario che si sa essere di indubbio valore culturale e sociale, debba essere protetto.

Ne parlano, per il Movimento NOI Francesco Errante e Fabio Gallo che già dodici anni addietro ha progettato e realizzato la digitalizzazione dell’Archivio Vaticano contenente i Codici Manoscritti “Rari” di Giovanni Pierluigi da Palestrina e decine di altri autori che costituiscono il Fondo di Musica Sacra più importante del mondo. 

Movimento NOI Rete Umana

FONDAZIONE COSENZA: il primo progetto del Movimento NOI per il SUD

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Il Patrimonio Culturale pubblico della Città di Cosenza deve iniziare a produrre economie e lavoro nell’interesse della città e dei cittadini, continuando ad essere tutelato da possibili politiche tese a privatizzare i beni di tutti per fini speculativi. Il Movimento politico Noi da tempo lavora ad un progetto che mira all’istituzione della “Fondazione Cosenza” che ha proprio questa finalità. Facendo seguito al successo del Progetto di digitalizzazione del Patrimonio Culturale della Città Storica di Cosenza “Cosenza Cristiana” che ha consentito alla Città storica di Cosenza di essere inserita dal MiBAC nell’elenco di quelle italiane finanziate da fondi europei e che presto vedrà altri sviluppi positivi tali da creare occupazione, il Movimento NOI è determinato a tutelare i Beni Culturali pubblici perché possano generare economie ed essere veramente utili allo sviluppo sociale e culturale della popolazione. Il progetto è teso a evitare che la politica che sino ad oggi in Calabria non è stata in grado di creare lavoro, finisca per ideare gestioni private e clientelari dei Beni Pubblici che creerebbero ulteriori processi involutivi e di povertà in un momento in cui, invece, è indispensabile che le Città diventino veri laboratori di rigenerazione territoriale e incivilimento che vedano al centro le esigenze primarie dei cittadini. Tra esse, il diritto all’accesso al conoscenza, all’utilizzo del bene pubblico per la crescita e lo sviluppo. In modo particolare l’istituzione della Fondazione che volutamente dovrebbe portare proprio il nome della Città di Cosenza, dovrebbe accorpare Teatri, Palazzi storici e Complessi Monumentali, perché la gestione possa risentire meno della politica spesso clientelare e più della professionalità di chi è davvero in grado di far nascere economia sociale e culturale per tutti. Il Movimento politico NOI si candida da subito a mettere a disposizione il proprio progetto, che si allega per maggiore conoscenza.

movimento noi-fondazione cosenza-politicaTITOLO DEL PROGETTO/PROGRAMMA: FONDAZIONE COSENZA
Il progetto è rivolto all’istituzione di un Ente No Profit dal nome FONDAZIONE COSENZA, nel quale riunire il Patrimonio Culturale della Città di Cosenza  (Teatri, Palazzi storici e Complessi Monumentali, etc.), perché la gestione possa risentire meno della politica e più della professionalità, capacità ed esperienza di chi è in grado di trasformare la gestione del Patrimonio Culturale in crescita sociale, economia e lavoro.

Il Progetto FONDAZIONE COSENZA è già inserito tra i programmi che saranno realizzati una volta al Governo della Città di Cosenza. Il Movimento NOI comunica, però, che sarebbe ben felice se l’attuale Amministrazione Comunale volesse già collaborare alla sua realizzazione in uno spirito positivo e propositivo. Il progetto, di certo, produrrebbe economie della Cultura finalizzate all’occupazione e manterrebbe – questa parte fondante la strategia del Progetto, il patrimonio a carattere “pubblico”, onde scongiurare la privatizzazione ai fini privatistici per garantire politicamente amici degli amici e non i Cittadini.

Una grande quantità di iscritti (centinaia) dopo poco più di due settimane di attività bene investite sulla Città di Cosenza, luogo dal quale ha deciso di animare i suoi programmi il Movimento NOI, sono prova del fatto che la Città sta apprezzando gli sforzi del Movimento che punta tutto sul “NOI”, mettendo da parte gli egoismi e dando vita ad una grande Comunità che pone al centro gli interessi primari dei Cittadini.

Il Movimento NOI è animato da sentimenti propositivi, in dicotomia con i modelli politici della Calabria, rissosi e poco efficaci. Fino al giorno in cui avrà i numeri per governare, il Movimento NOI farà da gruppo di pressione, perché si realizzino i progetti finalizzati al bene comune in piena collaborazione con le Istituzioni attualmente al Governo.

Al Progetto hanno lavorato gli iscritti che hanno ricevuto le prime deleghe attribuite per competenze specifiche e comprovate. In particolare l’Ing. Francesco Errante con delega ai Lavori Pubblici e Territorio, il Dott. Gianluca Nava con delega al Restauro e ai Beni Culturali, il Dott. Fabio Gallo con alle spalle quasi venti anni di progettazione di eventi speciali e gestione di grandi Patrimoni Culturali di successo, di carattere internazionale.

Il Movimento NOI – in base al proprio regolamento – ha inteso inserire alcuni dati tratti dai curricula dei progettisti, per evidenziare che il successo della proposta è assicurato dalle esperienze dirette di chi ha scritto il progetto che, attualmente, è stato passato alla Dipartimento Giustizia e Diritto e Pubblica Amministrazione del Movimento NOI per studiare i termini della concreta attuazione del progetto FONDAZIONE COSENZA.

SCARICA IL PROGETTO IN FORMATO PDF – CLICCA QUI

LEGGI IL PROGETTO PILOTA “FONDAZIONE COSENZA”

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

Progetto Pilota Fondazione Cosenza

 

A Gianluca Nava delega al Restauro e Beni Culturali del Movimento NOI

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Movimento NOI/ Redazione/

Gianluca Nava classe 1970 è sposato e padre di due meravigliose bambine. E’ docente nei corsi di laurea abilitanti alla formazione dei restauratori di beni culturali, attivati in varie Università italiane. E’ restauratore di beni culturali riconosciuto dal Ministero per i Beni, le Attività Culturali ed il Turismo. Dopo il percorso accademico conclusosi nel 1996, frequenta e consegue l’abilitazione all’esercizio dell’attività di restauro dei beni culturali, mediante una partnership fra il MiBAC, il Ministerè del Culture de France, il Ministerio y Cultura de Espana e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. E’ autore di numerose pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali.

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Gianluca Nava – Delegato al Restauro e Beni Culturali del Movimento NOI

E’ membro del Comitato Scientifico e Direttivo del Gruppo Italiano dell’International Institute for Conservation.

Membro dell’International Network for the Conservation of Contemporary Art.

Dal 1998 ad oggi ha realizzato, per conto di Enti pubblici e privati, numerosi lavori di restauro sul patrimonio artistico italiano.

Gianluca Nava ha sempre perseguito scopi che riguardano la creazione di una rete di processi sostenibili e virtuosi che producano sviluppo per il territorio e per la cultura mediterranea. Esercita questa azione attraverso un un impegno costante e quotidiano rivolto alla conservazione del patrimonio identitario che si traduce sia nel rinnovamento continuo di idee che con l’azione tecnica sui manufatti di pregio.

Opere del Patrimonio Culturale di Cosenza

Per il Movimento NOI il Patrimonio culturale e identitario è una vera risorsa per lo sviluppo cosciente e sostenibile del territorio.

“Attuare un consumo etico delle risorse corrisponde a rispettare se stessi – ha affermato il Maestro Gianluca Nava accogliendo la delega – e la Bellezza che rappresenta anche la fortuna dell’economia del Turismo Culturale, scaturisce da uno sguardo etico fra le persone e l’ambiente in cui vivono”.

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Opere del Patrimonio Culturale di Cosenza

La formazione scolastica in ambiente cattolico ha suscitato nella personalità di Gianluca Nava un forte atteggiamento etico nei confronti dell’esistenza.

Oltre ad una naturale propensione per gli ordinari esercizi ludici legati alle attività sportive, la sua infanzia svela caratteristiche pregnanti conformandole attorno all’interesse per l’arte. Gli edifici di culto assumono quindi un’attrazione duplice: spirituale e tecnica. Dopo aver compiuto gli studi accademici, l’incontro con importanti figure della storia dell’arte italiana favorisce l’approfondimento delle tematiche del restauro. Agli inizi del nuovo millennio si congiunge in matrimonio e dallo stesso nascono due bambine. Da alcuni anni è impegnato in una attenta e alacre attività di valorizzazione del patrimonio culturale italiano, attraverso la conduzione di progetti che coinvolgono istituzioni italiane e straniere.

“Assistito dalla misericordia del buon Dio – afferma Gianluca Nava – dedico la mia esistenza a lasciare un buon ricordo di me!”

 

 

Immigrazione e ONG: bene Minniti. Linea dura è sicurezza e rispetto per tutti

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Di Fabio Gallo/

Il Movimento NOI esprime la sua solidarietà al Ministro dell’Interno Marco Minniti per le decisioni intraprese allo scopo di regolamentare il flusso migratorio attraverso un codice che le Organizzazioni non governative  devono rispettare.

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Marco Minniti – Ministro dell’Interno della Repubblica Italiana

Definire “linea dura” quella proposta dal Ministro dell’Interno Minniti e giustamente blindata dal Quirinale, dal Presidente Mattarella, significa voler dare una immagine corrotta non dal buonismo ma dall’ignoranza di chi non conosce la politica internazionale e non ha una profonda cultura dell’Intelligence.

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Sergio Mattarella – Presidente della Repubblica Italiana

Continuare a parlare genericamente di “accoglienza” privi di un programma di sicurezza reale, significa anche sollecitare il mondo criminale e le mafie a fare degli immigrati nuovi schiavi da sfruttare, e dell’Italia il luogo complice di uno dei più grandi crimini contro l’Umanità mai registrato nella storia moderna che riduce l’Essere Umano in numero. Per non parlare delle migliaia di morti, delle violenze esercitate sulle donne, delle malattie che migrano, dell’impossibilità di offrire ad essi lavoro e dignità, del commercio di organi e molto altro.

IL “GRANDE INGANNO”: LA VISIONE IMPOSSIBILE CHE MOSTRANO GLI SFRUTTATORI
La politica italiana, attualmente, non è in grado di gestire la politica interna. Figuriamoci se può permettersi, priva di programmi precisi, di accogliere numeri illimitati di immigrati non potendo offrire nulla a nessuno di loro. Impensabile lasciar credere a milioni di possibili immigrati che l’Italia offre danaro gratis, residenze e benessere, wi-fi, etc., configurando la visione del Grande Inganno di cui, prima o poi, si renderà conto alla Storia.

DA DECENNI UNA NAZIONE SOTTOMESSA DA UNA MINORANZA SENZA LEGGE
Ricordiamo che proprio l’Italia, non ravvisando il rischio cui sarebbe andata incontro con numeri assolutamente inferiori, è oggi schiava delle attività delinquenziali dei Rom che in gran parte e senza problemi ad ammetterlo, sono dediti da 50 anni al crimine.

Increscioso continuare a credere che poche migliaia di delinquenti siano in grado di sottomettere e rendere impossibile lo sviluppo culturale, sociale ed economico delle Città italiane. E se l’Italia non sarà in grado di guarire, non di lenire, queste piaghe con un progetto politico chiaro e che si faccia rispettare insieme alle leggi, la ridurremo in pochi anni a ciò che le superpotenze desiderano: un supermercato di cose meravigliose che si svendono a pochi Euro.

IL BUONISMO CHE NON TUTELA I DIRITTI UMANI
I professionisti del buonismo, dietro ai quali si nascondono molte volte sofisticate attività di sfruttamento (vedi Cara di Isola, indagini di Nicola Gratteri e Cafiero De Raho, e altro ndr.), e anche di quella parte di chiesa corrotta che questo papato combatte con forza, non hanno dimostrato, solo per dirne una, di tutelare i minori che tra i Rom, rappresentano la “Falange Macedone” della microcriminalità. E’ doveroso, da parte di uno Stato, spezzare la catena che impedisce ai bambini di avere altro e migliore futuro.

Dunque, solidarietà al Ministro Minniti.

Movimento NOI: Parole a due

Nasce il Movimento NOI – Rete Umana che raccoglie l’invito di Papa Francesco rivolto ai Cattolici Italiani.
Il Pontefice chiede di impegnare energie nella Politica ma in quella con la “P” maiuscola.
Donne nuove e uomini nuovi, dunque per attivare un nuovo modo di fare Politica e di essere cittadini in una Nazione, l’Italia, in veloce trasformazione e sempre più “logistica” del Mediterraneo.

Nel file multimediale Francesco Errante e Fabio Gallo parlano del Movimento NOI.

Cosenza, Biblioteca Civica: Sigilli su Cultura, Memoria e Conoscenza

Cosenza - Biblioteca Civica
Cosenza - Biblioteca Civica

Ricostruzione Fondi: gentile concessione di Francesca Canino
A cura di Antonietta Cozza

Giorni di afa, lentezza, sonnolenza che porta cecità: il 2 agosto la centenaria Biblioteca Civica di  Cosenza è stata incatenata come un Titano e sfrattata da una parte degli storici locali in cui vive da più di un secolo poiché il Comune non ha corrisposto i canoni d’affitto all’agenzia del Demanio.

Gli ufficiali giudiziari hanno così sigillato un’ala dell’istituto, mettendo di fatto in prigionia migliaia di manoscritti e fondi antichi.

Una morte lenta quella della Biblioteca Civica che crea una involuzione culturale, etica e morale della nostra città.

Perché in quelle stanze, oggi sotto sequestro, c’è un gigantesco patrimonio libraio, artistico e documentario:

Cosenza - Biblioteca Civica
Cosenza – Biblioteca Civica

il  Fondo antico che include edizioni di grande pregio stampate nei secoli XVI, XVII, XVII, molte delle quali illustrate con xilografie ed incisioni a rame. Gli Incunaboli provengono da nobili famiglie ed enti ecclesiali. Gli Antifonari e i Corali pergamenacei presentano raffinate decorazioni con miniature. I Manoscritti di storia locale sono opera di intellettuali calabresi del ‘600 e ‘700. Fra le 50 Pergamene custodite, la più antica è un atto notarile risalente addirittura al 1290.

Fondo calabro è costituito da testi risalenti dal sec. XIII fino al XVIII. Si tratta di atti di vario genere: Bolle Papali ed episcopali, diplomi regi, costituzioni di dote, contratti, donazioni, documenti emessi soprattutto nella città di Castrovillari, Roma, Cassano, Cosenza. Molte di esse sono state disperse forse durante il trasferimento dall’Ospizio delle Fanciulle nell’attuale sede o durante il bombardamento del ’43. Rivestono grande importanza per la ricostruzione della storia meridionale.

Cosenza - Biblioteca Civica
Cosenza – Biblioteca Civica

Di grande pregio sono gli incunaboli del Fondo: “Catena Aurea” di Tommaso d’Aquino e “Historiae Romanae Decades” di Tito Livio, entrambi stampati a Venezia nel 1470 ed il volume di Niccolò Perotti ‘La Cornucopia’ stampato a Venezia nel 1490 dal tipografo nicastrese Battista de Tortis, degno di nota per la perfezione delle proporzioni nei caratteri di stampa.

Fondo Gioacchino da Fiore annovera le edizioni originali degli scritti de ‘il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato’.

Fondo Telesio: Comprende tutte le prime edizioni delle opere maggiori e minori del filosofo cosentino Bernardino Telesio, le edizioni originali delle opere di Antonio Telesio e Aulo Giano Parrasio e gli scritti degli oppositori e dei seguaci del filosofo naturalista, tra cui l’opera giovanile di Tommaso Campanella ‘De sensibus philosophia demonstrata’ del 1591 che costituisce una rarità.

Cosenza - Biblioteca Civica
Cosenza – Biblioteca Civica

Fondo San Francesco di Paola è una raccolta di libri antichi sulla vita del Santo paolano, arricchiti da illustrazioni ad incisione con la tecnica del bulino, puntasecca, acquaforte, tra cui quelle di Alessandro Baratta di Scigliano.

Fondo Salfi è uno dei più corposi e prestigiosi della Biblioteca. Si tratta di un’acquisizione compiuta dalla Stato negli anni ’50 che include anche un cospicuo numero di riviste.

Fondo Rendano: si tratta di 1200 pezzi originali tra vecchie foto color seppia, documenti ufficiali vergati dalla nera china, spartiti musicali e giornali dell’epoca attraverso i quali si ripercorre la vita e l’opera del musicista cosentino. Alfonso Rendano fu protagonista poco vistoso, ma sicuramente incisivo della storia italiana, come si evince dalle numerose epistole, dalle antiche fotografie della famiglia Rendano, di Garibaldi, di Manzoni, dagli spartiti tra cui la ‘Serenata in gondola’ o l’arietta calabrese ‘Scaccia Pensieri’, la ‘Tarantella’ e la ‘Fantasia Valse’ ed il capolavoro ‘Consuelo’.

Fondo Alvaro: Comprende la produzione del calabrese Corrado Alvaro.

Fondo Franchetti: Migliaia di libri donati in seguito alla chiusura della Biblioteca Popolare, fondata dall’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI).

Fondo della classificazione Decimale inventato dall’americano Melvin Dewey: Si tratta di un fondo ordinato in dieci sezioni, di cui la classe ‘zero’ riguarda gli studi bibliologici e bibliografici.

Cosenza - Biblioteca Civica
Cosenza – Biblioteca Civica

La Biblioteca custodisce anche l’Archivio privato di Girolamo De Rada per gli studi Albanologici, uno dei maggiori in Europa e l’importantissima Sezione Carte geografiche: realizzate con la tecnica dell’incisione, la Biblioteca conserva, tra carte nazionali e straniere, la pregiatissima Carta Coreografica della Calabria Citeriore ed Ulteriore allegata all’opera del cosentino Prospero Parisio ‘Rariora Magna Graecia Numismata’ e la Carta del Rizzi Zannoni della Calabria risalente al 1783.

Sezione Periodici: costituita autonomamente nel corso dei decenni, la Biblioteca custodisce un gran numero di riviste e periodici, da quelli storici come ‘Il Calabrese’ del 1842 o ‘Cronaca di Calabria’ con il primo numero uscito nel 1895, alle pubblicazioni attuali nazionali ed internazionali.

FONDI ARTISTICI

Fondo Salfi: Si tratta di quattro dipinti di diversa provenienza rappresentanti Francesco Saverio Salfi senior e junior, Torquato Tasso ed una grande tela dal titolo ‘Omaggio al fascio’.

Fondo fratelli Bandiera, Sette ritratti realizzati da Giuseppe Pacchioni in disegno a sfumino riconvertiti in xilografie dal litografo bolognese Werth, ritraenti Attilio ed Emilio Bandiera e gli altri sfortunati patrioti che li accompagnarono nella tragica missione del 1844.

Fondo calcografico: Comprende circa cento incisioni del ‘700/800 e raffiguranti scene religiose, mitologiche e storiche donate alla Biblioteca negli anni ’30. Tra queste è degna di nota una incisione in rame acquarellato che riproduce la Cappella Sistina.

I Cataloghi: Indispensabili da consultare per il reperimento di libri e riviste, la Biblioteca è fornita di quattro diversi cataloghi che rappresentano l’evoluzione tecnologica nel corso degli anni e censiscono tutto il patrimonio librario, circa duecentomila volumi. Dal primo catalogo a schede antiche si passa a quello a schede rilegate e successivamente a schede libere, per giungere al modernissimo catalogo on line.

La Biblioteca è collegata al Sistema bibliotecario nazionale e regionale (SBN, SBR) per la catalogazione e consultazione on line di alcuni Fondi e ha diritto a ricevere due copie di ogni pubblicazione degli editori della Provincia.

La Biblioteca Civica è anche emeroteca e ha ospitato negli anni passati una mediateca regionale che ha fornito servizi informatici e di riproduzione fotostatica. Promotrice di iniziative culturali indirizzate in particolare ai giovani, la mediateca ha integrato le sue attività a quelle più tradizionali della Biblioteca per la tutela, diffusione e fruizione del libro.

Con la consultazione ed i prestiti locali ed interbibliotecari (servizio che effettua già dagli anni ’30 a dimostrazione del prestigio che riveste da sempre), la Biblioteca riveste da sempre un ruolo fondamentale per studenti, ricercatori, giornalisti e … topi da Biblioteca che affollano quotidianamente le sale lettura.

Chiude Biblioteca Civica a Cosenza. “NOI”: Pierfranco Bruni ha ragione

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Cosenza - a sx la Biblioteca Civica chiusa

Il caso della Biblioteca Civica di Cosenza che chiude ai Cittadini i battenti del suo essere “memoria”, sta suscitando l’attenzione dell’Italia della Cultura. Il Movimento NOI riceve e pubblica molto volentieri, condividendone ogni parola e ipotesi di soluzione, la lettera di Pierfranco Bruni, rivolta al Ministro Franceschini. Bruni, noto scrittore, giornalista, saggista, esperto di materia “MiBACT” e figura istituzionale della Cultura italiana, dice pane al pane e vino al vino, come deve fare un vero intellettuale. Il Movimento NOI ha inviato l’appello di Bruni al Ministro Franceschini.

Il Movimento NOI – Rete Umana si propone tra i suoi programmi di favorire una concreta e profonda riappropriazione responsabile del grande Patrimonio Culturale italiano perché sia la forza morale di cui necessita la politica per vivificare di concretezza i suoi programmi. La Politica, quella con la “P” maiuscola, afferma il Movimento NOI, dovrebbe amare il suo Patrimonio Culturale ed esserne gelosa. Non abbandonarlo. L’abbandono, denota la qualità della politica e i suoi veri scopi.

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A sx la Biblioteca Civica della Città di Cosenza

DI PIERFRANCO BRUNI
Cosenza. Biblioteca Civica. Si chiude.
Economia. Personale. Funzionalità o altro. Crisi!
Uno spaccato di storia antica che diventa memoria.
Certo la chiusura di una biblioteca come la Civica di Cosenza pone delle riflessioni sul legame tra territorio economia e cultura. Ma siamo in una crisi mondiale in cui la cultura non è stata in grado di diventare realmente schieramento strategico per nuovi modelli di sviluppo culturale.
Non è una questione che riguarda solo Cosenza
Certo. Credo che sia un problema in un tempo di problemi, certamente.
Ma Cosenza è città di cultura. È stata e sarà.
Non è una tragedia da consumarsi come tragedia.
La Biblioteca nazionale ovvero il Mibact dovrebbe poter #incamerare# la Civica. Diventare un’unica Biblioteca sotto la guida della Nazionale che svolge un ruolo di primaria importanza in tutta la Regione ed è magnificamente diretta da Rita Fiordaliso.
Diventare una unica biblioteca Nazionale. Ovvero del Mibact.
Occorrono idee. Un progetto politico culturale tra Comune e Mibact.

Pierfranco Bruni - Scrittore, Giornalista, Saggista
Pierfranco Bruni – Scrittore, Giornalista, Saggista

Non so se sia stata già avanzata una tale proposta. Ma è necessario che il Mibact si assuma l’onere e anche l’onore di far rinascere una biblioteca che ha una sua particolare storicità per la vita di Cosenza, che insieme alla Accademia Cosentina, ha rappresentato un riferimento per tutto il Sud. Cosenza è città di cultura.
Tale deve restare anche perché la Biblioteca Nazionale svolge oggi un punto di intreccio istituzionale per tutta la Calabria. Si fortifichi allora la Nazionale con nuove economie e personale per dare vita a un processo culturale rinnocato e recuperato nella tradizione. Io credo molto ad una tale strategia.

L’APPELLO AL MINISTRO FRANCESCHINI
Ministro Franceschini, lei è stata persona sempre attenta e sensibile e anche molto coraggiosa.
La Riforma dei Musei la vede, come persona istituzionale e come uomo di vera cultura (non dimentichi ora che fa il ministro di essere uno scrittore forte) vincente. Fortifichi la Biblioteca Nazionale d Cosenza acquisendo la Civica in crisi, anzi lucchettata.
Lei è un grande ministro della cultura. Un atto del genere è nella sua sensibilità intellettuale e nella sua storia che ha tracciato sinora.
Mi auguro di leggere presto un suo segnale.
Con stima

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