di Fabio Gallo/ Romanzo Cosentino/
Fino a quel giorno credevamo che fosse un qualcosa che potesse accadere solo a chi non faceva buon uso della ragione. Osservavamo, i miei amici, i miei familiari ed io, tutte le prescrizioni. Eravamo sempre attenti ai telegiornali, ai comunicati delle emittenti locali che lasciavano percepire un ritorno alla normalità. “Sarà finalmente il Natale di un tempo”…, dicevano.
Pensavo, finalmente, di poter riabbracciare i miei figli senza provare intimamente quel senso di timore che abitava in me e mi impediva di stringerli tra le mie braccia se non trattenendo il respiro. Finalmente le notizie sembravano rassicuranti.
Zona rossa, arancione e poi gialla. Questi erano i colori della scala che conduceva alla normalità, a quell’auspicata libertà di cui tutti avevamo bisogno. Le notizie dei telegiornali erano finalmente rassicuranti. I giovani affollavano nuovamente le strade, i locali riaprivano e i sorrisi erano finalmente pieni tra coloro i quali con un bicchiere in mano abbassavano la mascherina che sembrava ormai più un vezzo che un dovere.
Ne parliamo a casa e l’argomento appariva come il manifestarsi di un grande ed intenso arcobaleno dopo una tempesta. Anche le scuole riaprivano e qualcuno già annunciava, affermava, che la prossima sarebbe stata “un’estate diversa”.
Finalmente, sul divano spensierato, senza dovere calcolare alla perfezione ogni spostamento del giorno dopo, la protezione più adeguata, i limiti sul posto del lavoro, le raccomandazioni a moglie e figli.
Poi, dopo pochi giorni di sospirata libertà, erano troppe le sirene che rompevano il silenzio di quei giorni tornati ad essere amici della vita. Una, due, tre, quattro…, dieci, venti!!! Sentii in me tramontare il sole e un brivido attraverso il mio corpo da capo a piedi. Persistente.
Zona rossa! Ancora! In famiglia perdiamo ancora una volta il sorriso, risale la paura, cerco il distacco. Anche io avevo cercato un pizzico di libertà e cercavo in una sorta di ricognizione di tutto quanto avevo vissuto nei giorni di riapertura alla vita, cosa avessi potuto fare che avrebbe potuto compromettere la mia famiglia.
Quel nuovo comunicato si trasformò in silenzio. Un silenzio profondo che nella notte diventò cassa di risonanza dei rantoli del mio respiro. Cosa succede? Qualcosa non andava, come quella stanchezza eccessiva che mi rinchiudeva in uno strano isolamento doloroso, ovunque. Mi mancava il respiro e dicevo a me stesso di stare calmo. Così mi spostai nel salone di casa per ricercare in me le forze. Accendo la luce, la televisione. Poi spengo. Qualcosa in me non andava. Ero troppo stanco e non trovavo un motivo valido per accusarla in maniera così allarmante.
Fu così che trascorsi qualche giorno, dopo aver capito quanto io avessi pagato quello spiraglio di libertà e la leggerezza di chi, sino a quel momento, aveva trascurato di dire la vera verità ai propri concittadini.
Uscendo di casa in barella vidi lo sguardo terrorizzato di mia moglie e dei miei figli che fino a qualche ora prima che io perdessi conoscenza avevano criticato la politica, a loro dire, colpevole della disorganizzazione che stava conducendo le famiglie alla disperazione.
Cercai di rassicurarli con un sorriso. Poi la corsa e una lunga fila sul piazzale del Pronto Soccorso di Cosenza che dopo qualche ora tra coloro i quali vestiti di bianco apparivano come Angeli, io vedevo dall’alto.
Fu così, che finii tra le sirene in un mare di dolore.