Abbiamo da poco lasciato alle spalle un periodo storico drammatico, causato da una pandemia alla quale neanche il più ossequioso era preparato. Al momento stiamo assistendo ad un lento e graduale ritorno alla normalità.
Nel corso della pandemia, la classe medica e quella sanitaria tutta, è stata lasciata in trincea da sola a combattere contro un nemico subdolo e invisibile. Molti eroi nazionali, così definiti durante il Coronavirus, hanno perso la vita, ma si fa presto a tornare alla normalità: perché la cronaca degli ultimi giorni ci ricorda che questi eroi sono stati già bersaglio da parte di una utenza esasperata da un sistema sanitario che non è più capace di dare delle risposte.
La violenza si sa, è sinonimo di una società che ormai ha perso dei punti di riferimento, una società priva di valori, di rispetto per il lavoro altrui. La violenza si perpetua, non solo contro il personale sanitario, ma anche contro i cittadini in generale e le cronache di tutti i giorni ce lo dimostrano. Questa pandemia, ci ha messi a dura prova, soprattutto perché non eravamo pronti ad affrontarla, ci ha colto di sorpresa. Pandemia che rischia di lasciare degli strascichi non indifferenti per un lungo periodo, non solo psicologici ma soprattutto economici, con il rischio di chiusura definitiva di tante piccole e medie imprese, e il rischio di infiltrazioni mafiose a tutti i livelli, perché dove non arriva lo stato rischia di arrivare il boss locale che si presenta come unica ancora di salvezza. Dobbiamo chiederci da dove parte questo fenomeno.
La politica in questi anni è stata connivente con media e organizzazioni di avvocati senza scrupoli che hanno fomentato i cittadini ponendo la classe del comparto sanitario in cattiva luce nei confronti degli stessi.
Il tutto ha reso sempre più fragile il sistema sanitario pubblico a favore di quello privato. E’ vero che la maggior parte delle cause contro il personale sanitario si risolvono in un nulla di fatto, ma è anche vero che molte sono dettate anche da un bisogno economico. Inoltre, guardando al fondo del problema assistiamo ad ospedali che vivono carenza cronica di personale e strumentazioni, che lavorano sempre a ranghi ridotti e ciò si ripercuote sulle prestazioni sanitarie.
La stanchezza, il sottorganico, i turni massacranti non producono gli effetti desiderati.
E nella fattispecie per quello che riguarda la nostra regione l’oramai piano di rientro fallimentare non ha dato i risultati sperati, ma addirittura ha reso sempre più evanescente il sistema sanitario pubblico. Tutto questo ha esasperato i cittadini e soprattutto la classe media che non potendosi permettere prestazioni in ambito privato e trovandosi di fronte un sistema allo sbando, sfoga la sua disperazione nella rabbia che sfocia, il più delle volte, in aggressione. Ricordiamo che il nostro sistema sanitario nazionale ardentemente voluto da Tina Anselmi che fu Ministro della Sanità è stato più volte definito il migliore al mondo dall’OMS, perché avrebbe dovuto garantire la salute a tutti i cittadini, cosi come statuito dall’articolo 32 della costituzione.
Note: Adolfo Antonio Rogano è Dirigente Medico del Reparto di Chirurgia d’Urgenza dell’Annunziata di Cosenza.