a cura di Cristian Tarsia/
Il clamore destato dalle consuete foto del 5 gennaio, che strano (!), sembra essere diverso. E’ come se il mondo politico si fosse svegliato dal lussuoso letargo, ad asciugare le lacrime di quelle famiglie costrette a vivere di apnea affettiva, di videochiamate, di messaggi. E’ questo il momento migliore per colpire il cancro che opprime la Calabria! Non andare a votare significherebbe abbandonarla a un destino di ″eutanasia elettiva″, permettere alle solite facce di blindare il proprio feudo, di issare ancora una volta la bandiera delle clientele. Ed è sempre per le stesse clientele che i giovani, seppur preparati e onesti, hanno difficoltà ad emergere. Si tratta di nonnismo politico, di ostentazione della propria influenza sui più deboli perché, occorre ricordarlo, LA CALABRIA E’ UNA REGIONE FONDATA SUL BISOGNO. Non esiste nessuna ricetta segreta per restare a galla, nessuna stoffa da statista. C’è un unico, imprescindibile, ingrediente: il bisogno. I calabresi, i cosentini in particolare, lo esprimono attraverso il cosiddetto voto di speranza, con una devozione quasi religiosa.
FORSE QUESTA VOLTA TOCCHERÁ A ME AVERE, FINALMENTE, UN POSTO DI LAVORO!
Aspettativa puntualmente disattesa, purtroppo. Quanti sogni infranti! Un cancro particolare. La chemioterapia del “voto di protesta”, rischierebbe di distruggere anche le ″cellule buone″ . Cosa si potrebbe fare…? I tumori possono regredire se privati del sangue, e fortunatamente non occorre essere oncologi per capire che la linfa, di cui i peggiori rappresentanti dell’ultimo quarantennio necessitano, è il voto. L’ennesima manifestazione di sudditanza, o peggio ancora, di sottomissione.
Ecco, su quei pullman viaggiano, stipati davvero come sardine, donne e uomini che nella propria dignità trovano l’unica consolazione a tanto malessere interiore. Quando si è in minoranza, l’unica capace di dire a testa alta “NO, IO A QUESTE CONDIZIONI NON CI STO”, si finisce col portare il peso del silenzio altrui, delle ingiustizie, dello sfruttamento. Ed è così nelle stazioni dei treni, negli aeroporti, in tutti quei luoghi che dovrebbero essere utili ad ottimizzare i collegamenti, non a marcare l’amarezza di un eterno addio.
E’ facile cambiare l’attuale classe dirigente: prendete le liste e depennate con un bel pennarello i nomi di tutti quei candidati consiglieri che hanno vissuto di politica negli ultimi 40 anni. Regione, Provincia, Comune… trattamento uguale per tutti.
A meno che non vi sia troppo antipatico uno degli aspiranti alla presidenza, avete buone possibilità di stravolgere il Consiglio Regionale senza rinunciare alla vostra identità politica,
ammesso che conti ancora qualcosa. Buon voto a tutti!