a cura di Cristian Tarsia/
L’imbarazzante attesa per il dispiegamento delle forze politiche è quasi peggiore del silenzio
sui grandi problemi che affliggono la nostra regione. Il più pericoloso è sicuramente quello
della premorienza, prima grave conseguenza dell’inquinamento ambientale, soprattutto nella forma più aggressiva: l’interramento illegale di rifiuti speciali e radioattivi. Il rapporto nazionale tra mortalità e inquinamento è ben definito.
Lo studio «Sentieri» (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti) ha calcolato che, ogni anno, 1.500 persone muoiono prematuramente, anche solo per il fatto di abitare in prossimità di aree inquinate. Un decimo della popolazione italiana è da considerarsi esposta a rischi, ed è proprio in questa porzione che si materializza il tristissimo dato registrato. Il punto chiave, per invertire questa terribile tendenza, è la bonifica dei siti noti.
Un concetto troppo semplice rispetto alle procedure di attuazione, volgarmente soffocate dalla burocrazia, se dimentichiamo, per una volta, l’incapacità disarmante di chi siede dietro le scrivanie competenti.
Il Sud paga due volte: assenza delle istituzioni, presenza della criminalità organizzata.
Chilometri di lettere, su carta stampata e monitor dei nostri apparati, vengono consumati ogni giorno per annunciare o smentire dichiarazioni politiche su candidature di ogni età e corrente. Nessuno dei protagonisti, di questo infelice volume di storia calabrese, ha speso un minuto sul tema in questione deponendo il personalismo in favore della collettività. Sarà dunque questo distacco dalla realtà, da ciò che vivono i cittadini, a sancire parte del risultato all’indomani del 26 gennaio 2020.