a cura di Adolfo Antonio Rogano/
Nel corso dell’anno 2020 ne abbiamo visto davvero tante in Calabria. Siamo partiti dalla crisi cronica della sanità pubblica che afflige i cittadini calabresi e non solo ma anche gli operatori sanitari sempre più stanchi e stressati. Ci siamo lasciati alle spalle una prima ondata di COVID 19 passata quasi indifferente se non per il lockdown nazionale che ha costretto tutti a casa per più di due mesi e che ha aggravato sempre più le sofferenze delle piccole e medie imprese locali, gettando le famiglie a causa del fallimento delle loro attività in una solitudine economica sempre più grave. Stiamo superando una seconda ondata che è stata molto più travolgente della prima, mettendo sempre più a nudo le criticità di una sanità oramai malata cronica anch’essa. Abbiamo anche subito lo strazio di un commissario, tale Cotticelli che ha fatto ridere tutta l’Italia con la sua tragicomica intervista televisiva, quasi da remake di casa Vianello, Saverio&Maria. Ma ancor di più siamo vittime di uno stato che ci ha mortificato e ridicolizzato, con la storiella del “commissario che non c’è”. In una settimana siamo passati dall’avere un campione della sanità italiana, uno che ha gestito la gloriosa università SAPIENZA di Roma, la piu’ grande d’Italia se non una delle più grandi d’Europa, fino ad inviarci, per auto esclusione degli altri, un super poliziotto, un uomo delle istituzioni (lui stesso si definisce cosi) che dovrà rimettere i conti apposto, scoprire le magagne e creare nuove eccellenze. Certo la partenza non è stata delle migliori. Il Commissario Longo, ahimè, si è già distinto per avere rinnovato i vecchi DG di ospedali e ASP, commettendo già la prima disattenzione nei confronti del nuovo decreto Calabria . E pertanto, mi chiedo, ma lo avrà letto o è allergico alla lettura delle carte come il suo predecessore Cotticelli? Magari il prossimo lo prenderemo laureato in lettere e filosofia. Negli ultimi giorni, i quotidiani locali ne stanno parlando a tutto spiano, la struttura commissariale si trova a risolvere il nodo legato al Sant’Anna Hospital, eccellenza della sanità calabrese ed uno dei centri di riferimento nazionali della cardiochirurgia italiana. Un faro nelle tenebre che circondano questa terra.
Non tocca a noi giudicare se qualche amministratore ha sbagliato, ma sicuramente meritano maggior tutela tutti i professionisti che lavorano in quella struttura che, fino ad oggi, hanno rappresentato senza ombra di dubbio un valore aggiunto alla nostra sanità che, in questo momento, a causa delle scelte scellerate di un governo e dei suoi rappresentanti commissariali, si sta accasciando sempre di più. Inoltre non esiste in Calabria una struttura così organizzata come il sant’Anna in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini calabresi, perché forse le strutture di cardiochirurgia di Germaneto e Reggio Calabria da sole non possono fare i miracoli. E che sarà dei cittadini calabresi che si troveranno a dover affrontare ulteriori viaggi della speranza per curare le loro patologie di pertinenza cardiologica soprattutto in un momento difficile come questo dove il COVID 19 ha messo in ginocchio il sistema sanitario nazionale? Il COVID 19 ha colpito a morte anche sistemi regionali ben organizzati come quelli di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte ed ha messo a nudo le difficoltà atavicamente riconosciute del nostro sistema regionale calabrese. Ma ancora una volta, i calabresi dovranno soffrire perché perderanno una delle sicurezze o che per lo meno credevamo tali, della nostra regione. Forse, le parole dell’ex ministro della salute Lorenzin quando affermò che la migliore sanità per i calabresi si trovava all’aeroporto di Lamezia Terme, era il preludio al fatto che le pene sanitarie dei calabresi non sono ancora finite.