La sanità, vista nella sua enorme complessità, necessita come tutte le organizzazioni di un vertice decisionale che possa governarla nel migliore dei modi. Nella nostra Regione, vessata da anni di commissariamento, questa esigenza è, se possibile, ancora più sentita. Scartando ovviamente l’origine divina o ereditaria, l’affidamento di questo ruolo può derivare o da un diritto di proprietà nelle organizzazioni private o da un potere superiore nelle organizzazioni pubbliche, dunque il potere politico. Una attività pubblica in ultima analisi è sempre governata dalla politica, ciò che può cambiare sono le modalità con cui la politica la governa.
Che fare allora perché la “cattiva politica” non inquini la sanità?
Il potere dell’organizzazione sanitaria pubblica, necessariamente, non può che derivare dal potere politico per cui non ha senso parlare di “tagliare il legame tra politica e sanità” bensì rendere realmente trasparente, controllato e proficuo tale rapporto, alfine di non creare ingerenze o peggio, sudditanza. Niente più dispetti tra politici, le cui scelte scellerate ricadano sulle spalle dei cittadini o dei lavoratori, ma diritti, doveri e rispetto verso gli stessi. Se si vuol ancora credere che la sanità possa avere una gestione anche manageriale, allora le ASP e le AO devono poter avere realmente maggior autonomia ma anche maggior responsabilità rispetto alle Regioni. Devono essere permesse delle scelte gestionali proprie, per tipo di struttura e territorio, e deve esser prevista soprattutto una sorta di “fallimento aziendale” basato sia sui risultati economici che soprattutto sul consenso degli utenti, espresso, inevitabilmente, non direttamente ma attraverso i loro rappresentanti.
Si eviti inoltre l’idea che sia possibile creare una dirigenza tecnica sganciata dalla politica, capace di rispettare però le linee programmatiche dettate dalla politica e nel contempo i bisogni della popolazione. Che si usino criteri più affidabili di meritocrazia e di competenza nella scelta dei Direttori Generali, che ci siano non solo delle nomine ma dei reali concorsi e che tutte le procedure rispettino gli obblighi di trasparenza. Tutto ciò è auspicabile ma non risolutivo. Allora, più che separare dalla politica, pensiamo a far della “buona politica mirata al bene comune”.
Probabilmente, tutte le alternative alla situazione attuale non danno la certezza di poter risolvere il problema centrale che è quello di garantire una gestione efficace, efficiente ed equa della sanità che soddisfi le esigenze della popolazione e rispetti i criteri di una buona gestione delle risorse. Il governo della cosa pubblica sarà sempre inevitabilmente un governo politico ed allora ci si renda conto che l’unico modo per migliorare la sanità non è tanto quella di spezzare il legame con la politica, bensì quello di migliorare la politica. Nelle Regioni dove vi è una “buona politica”, indipendentemente dai partiti che la costituiscono, vi è anche una buona sanità e viceversa. Quello a cui auspichiamo è quindi una politica con la “P” maiuscola, capace di risolvere i bisogni della popolazione e non solo di garantire gli interessi dei politici e dei loro gruppi di appartenenza.