a cura di Cristian Tarsia/
Matteo alla fine ha preso il pallone ed è andato via, alla scoperta di una maturità politica che in Italia sembra inarrivabile visto il prezzo: la credibilità. Preferisce incassare il capitale ora, prima che dalle retrovie qualcuno riesca a compromettere sei anni di segreteria federale, anni di messaggi chiari e alla pancia del Paese, su tutti l’invito al buonsenso.
Viene difficile percepire capacità di giudizio, in una crisi la cui regia sembra essere all’ombra di Salvini e non nel cuore. D’altronde dovrebbe far riflettere l’articolo di Salvatore Cannavò, Direttore centrale news del Fatto Quotidiano, in particolare una frase attribuita al Ministro dell’Interno durante uno degli incontri col Presidente Conte: “Non pensare che per me non sia difficile, sono due notti che non dormo, non lo so se faccio bene, ma devo farlo”.
Chiediamoci tutti il perché di questa affermazione, non limitiamoci alla volgare lapidazione social. Una prima risposta ce la offre il dibattimento della legge sulla riduzione dei parlamentari, fissato per il 9 settembre. Sappiamo tutti che se esiste una maggioranza, è quella legata al mantenimento dei privilegi e alle opportunità per accedervi. Un dettaglio che dovrebbe farci rammentare il referendum del 4 dicembre 2016, lo stesso che decretò la fine della prima era Renzi. Sfidare la casta non porta bene, che sia questo uno dei tormenti del leader leghista?
Le ultime uscite lo ritraggono scuro in volto, con lo sguardo di chi in cuor suo è consapevole di aver mancato di rispetto, non solo a una persona perbene come il Premier Giuseppe Conte, anche ai milioni di italiani che nel Governo “del cambiamento” riponevano una certa fiducia, la più importante.
E’ dunque questo l’ennesimo primato italiano? Una perenne campagna elettorale? Sul serio, è questo il riscontro che vogliamo offrire a chi ci vorrebbe in ginocchio, e che usa ogni strumento (anche illegale) per insidiare la stabilità nazionale?
L’Italia è una nave in balia di mare forza 9. A seconda delle onde, l’elettorato si sposta da dritta a babordo, in base alle promesse, ai bisogni, all’incalzante dialettica di oratori assolutamente incomparabili con Almirante, Moro e Berlinguer, soprattutto sul piano della coerenza.
Il tempo degli esecutivi naturali è ormai perduto. Qualcuno si ostina a decantare ricette miracolose, palesemente volatili dinnanzi all’opportunismo. E’ la storia dell’ultimo trentennio a dirlo, tra le tante correnti una sembra emergere per coesione: quella dei conservatori… di poltrone.