Di Fabio Gallo/
E’ molto più facile costruire una Città da zero che tentare di trasformarla quando essa ha avuto un passato glorioso con il quale ci si deve sempre confrontare.
La Città di Rende non è mai stata un prolungamento della Città di Cosenza perché è stata pensata per essere un’altra Città, immersa nel verde, con impianti sportivi che funzionavano, prolungamento di una Città Storica dal trascorso “reale” e un livello di vivibilità che ha dato origine nel Mezzogiorno al pensiero di “Città europea”, quando davvero poche in Europa godevano della fertilità di un simile territorio.
Poi, nel suo interland, ad Arcavacata di Rende, nasceva l’Università della Calabria che con i suoi “cubi” e la sua espansione orizzontale nelle fertili terre limitrofe, non tardava a diventare il Campus più bello d’Italia, al quale non sono mancati Rettori e docenti di livello tale, da farne ricercare i laureati in ogni luogo del mondo.
Ma la bella Rende dal respiro verde, ha iniziato ad acquisire i mali di molte altre Città: cementificazione massiva che seguiva quella che possiamo definire “ad arte”, imponenti discariche che hanno distrutto l’antica Pandosia e corrotto l’Ambiente, industrie che ne hanno corrotto l’aria dal continuo e sgradevole puzzo, poca dedizione allo sport, ai Giovani, allo stesso futuro di quanti, una volta laureati, potevano rappresentare una vera ricchezza del territorio.
Certo, Rende è Rende ma non è più quella Rende.
Quella visione olistica della Rende simbolo dell’Europa che dettava le regole della sostenibilità, iniziava a sbiadire e oggi la Rende Città “reale”, anche con l’abbandono della sua Città Storica, culla di civiltà e cristianità mai arresasi all’imbarbarimento e alle invasioni di turchi e saraceni, si è trasformata in una Città priva quasi del tutto di proprie tradizioni viventi, prona all’esercizio di una politica d’importazione, non più autoctona e mirata sentimentalmente al proprio sviluppo.
Oggi si giunge alle nuove Amministrative 2019 e dopo una conduzione che possiamo definire ordinaria, lei, la Bella Rende, bella come una Signora che inizia ad avere i suoi anni, sa bene che non vivrà mai più i tempi del suo massimo sviluppo, bensì del suo massimo utilizzo e sfruttamento.
La bellezza di Rende è velata forse a causa dei tempi e delle troppe pretese, delle troppe ferite che essa nasconde, dei troppi compromessi e interessi. La domanda è: quale è il bene di Rende e dei rendesi?
Di certo, dall’ascolto di tutte le componenti che si contendono il trono accanto alla “bella Arintha”, a Rende oggi manca l’Anima. Nella politica c’è tutto ma sembra esserci niente.
Eppure, Rende, ha ben 23 Chiese che ne orientano il senso. Senza dubbio e dopo numerose invasioni nei secoli, Rende è cristiana, ricca di tradizioni che devono essere rispettate, valorizzate e condivise e che equivalgono ad una miniera di ora spirituale.
La vera forza della Rende del futuro sarà la politica con la “P” maiuscola e tra i cattolici desiderosi di unione, il Movimento NOI che muove i suoi primi passi nel Sud Italia, lo ha compreso scommettendo sui valori della Civiltà Cristiana ove famiglia, lavoro, diritto alla cura, politiche giovanili, tutela dei diritti e promozione dei doveri, ne sono il nutrimento e le grandi intuizioni di Don Luigi Sturzo che aveva ben compreso che le religioni devono ispirare ma restare fuori dalla politica perché esse possano restare puro orientamento, l’azione pratica.
Una politica che si dice cristiana, deve mostrare concretamente di esserlo, lontano dalle lobby affaristiche e facendosi “comunità” e servizio rivolto al bene comune.