Alarico Re dei Visigoti
Alarico Re dei Visigoti

Flavius Alaricus in latino, è stato re dei Visigoti dal 395 alla morte. Fu l’autore del celebre saccheggio di Roma del 410, dopo il quale morì improvvisamente a Cosenza, mentre si dirigeva forse verso l’Africa. La legenda lo vuole sepolto sotto il letto del Fiume Busento o all’incrocio dei due fiumi Crati e Busento. Il desiderio di ritrovare il suo corredo funerario ha suscitato anche l’interesse delle SS nel corso della Seconda Guerra mondiale. Oggi, è il Sindaco di Cosenza Mario Occhiuto che nell’irrefrenabile tentativo di rianimare lo spirito del Re barbaro, si pone alla ricerca del suo tesoro che pare non porti bene, evidentemente, alla luce degli scandali che si stanno susseguendo a Cosenza, proprio nel tentativo di costruire un museo dedicato a Flavio Alarico del quale non si dispone di nulla, se non della sola legenda. Certo è che se una Città ritiene di dovere investigare alla ricerca di propri miti e leggende, dovrebbe essere libera di farlo ma, il duce de Visigoti, sembra non voglia essere disturbato dal profondo sonno della morte. Un anonimo ci ha inviato questo scritto affermando di averlo ricevuto in sogno da un uomo possente dai capelli lunghi e dal volto scavato e fiero che si è presentato dicendo: “Io, sono Re Alarico”. E noi lo pubblichiamo volentieri. Non si sa mai!

Amato dalla mia gente e del potere reggente
sono oggi delle mie gesta memoria vivente.

Tra ladri e corrotti, mezzi cristiani e bigotti
giace il mio corpo appassito, tra perle e lingotti.

La morte non ferma ciò che la storia ha voluto
flagello di Roma, re potente e risoluto.

Se acqua non avessi a freddare il mio ardore
flagellare farei chi mi nomina senza l’onore.

Nessuno violi della mia morte il mistero
sorgerei brandendo la spada sul mio destriero.

Ne farei spirito immondo e disumana sorte
da far rabbrividire anche sorella morte.

Lasciatemi riposare sotto l’acqua corrente
così come ha voluto il mio Dio, unica Sorgente.

Al suo cospetto mi presentai con monili d’oro
ma l’anima mia vide il vero grande tesoro.

Di carità splendente come padre mi ha perdonato
ma re mi ha lasciato a oro e argento incatenato.

Non cercate della mia vita l’oro sporco di sangue
si aiuti chi ha il cuore che di poco amore langue.

Cosenza mi chiese la vita e questa è la sorte
di chi vede nell’oro un riparo dalla Morte.