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Giovanni Palladino, Segretario Generale di Servire l’Italia

a cura di Giovanni Palladino/

Piero Grasso ha concluso così il suo discorso di insediamento a leader della sinistra alternativa al PD di Renzi: “Dobbiamo batterci affinché tutti, tutti, nessuno escluso, siano liberi e uguali”.

Affermazione davvero retorica, perché tutti sanno che essere tutti uguali è impossibile, non è umanamente naturale. Ce lo dice innanzitutto il Creatore, che pur dando a tutti – su uno spazio molto ridotto – una bocca, un naso, due occhi e due orecchie, ci ha fatto tutti diversi (con l’unica eccezione naturale dei gemelli) per renderci facilmente riconoscibili, con la nostra “originale” identità. Pensate, decine di miliardi di individui creati da quando esiste il mondo con la loro specifica individualità e diversità. È davvero un miracolo del Creatore! Inoltre non possiamo essere tutti uguali, perché abbiamo tutti diverse posizioni di partenza, di corsa e di arrivo; ma soprattutto abbiamo tutti doti e volontà diverse, che è difficile rendere uguali, e non sarà certamente lo Stato o il Governo a “modellare” tutti secondo un “disegno” prestabilito, che per di più dovrebbe piacere a tutti. Luigi Sturzo, invece, scrisse l’Appello ai “liberi e forti”, affinché queste due qualità, non possedute da tutti, fossero finalmente messe al servizio del bene comune per dotare la società civile di tanti “liberi e forti”.

Nel 1919 questi erano ancora molto pochi, ma lo erano sempre stati nel corso dei secoli, perché si riteneva che il vero “motore” dell’economia fosse il muscolo del braccio e non quello del cervello. C’era quindi bisogno di tante braccia (di qui il termine “braccianti”) per svolgere due essenziali compiti: coltivare la terra e fare le guerre. Il muscolo del cervello doveva essere usato solo da quei pochi “liberi e forti” che se la godevano alla faccia di tutti gli altri, schiavi e deboli, trattati da “oggetti” a disposizione dei pochi “soggetti”. Di qui il famoso detto – ritenuto vero, perché evidente, sotto gli occhi di tutti, inevitabile, ineluttabile e quindi accettato anche dagli uomini di Chiesa – “chi nasce povero muore povero e chi nasce ricco muore ricco”. Peccato che i poveri erano tanti e i ricchi molto pochi.

Di qui il potente “urlo” di Marx contro questa gravissima ingiustizia sociale, la successiva risposta di Leone XIII contraria alla “medicina” socialcomunista e la concreta azione di Sturzo in difesa del diritto di proprietà, un diritto naturale, purché esercitato responsabilmente. I pochi “liberi e forti” (abbandonando gli atavici regimi monarchici, imperiali e dittatoriali) dovevano trasformarsi da sfruttatori dei tanti deboli in promotori della libertà responsabile e dello sviluppo sociale diffuso. Nacque così il popolarismo, che ha come obiettivo la creazione di una società popolata da tanti “liberi e forti” in antitesi al socialismo, che punta con il metodo sbagliato a creare una società di “liberi e uguali”.

Il “sogno” di Grasso non è quindi realizzabile, ma non saranno certamente Berlusconi e Salvini a realizzare con il loro metodo il popolarismo ideato da Sturzo, un sistema che esige integrità morale e grande competenza da parte dei “liberi e forti” incaricati di realizzarlo. È il compito che dovrà essere svolto da una nuova classe dirigente di veri “liberi e forti”.