a cura di Nunzia De Rose/
Produce un effetto corrosivo e si manifesta nelle forme più svariate. In ambito politico, ad esempio, si palesa tramite interventi che sono mera espressione del proprio tornaconto; nelle relazioni interpersonali, tutte incluse e nessuna eccettuata, esso si traduce in una azione che sottrae, più o meno violentemente, attimi di felicità al prossimo. Di corsa e con i paraocchi, dritti verso gli obiettivi più disparati… ad ogni costo. Non rileva il come o il quando, l’importante è passare su tutto e tutti pur di arrivare. Premesse queste che, senza ombra di dubbio, delineano un tessuto sociale permeato dal malessere, dalla insoddisfazione, dai falsi moralismi, dalle criticità emergenti a vari livelli. Un sistema interamente dominato da menti che hanno perso del tutto, o quasi, la capacità di discernimento tra ciò che può considerarsi giusto o sbagliato. Abbiamo imparato a fare molte cose, tante, troppe… bruciando i tempi, ma anche i modi. Durante il tragitto ci si è dimenticati del rispetto, dei limiti, dei princìpi, della legalità, dell’altruismo e dell’amore.
Crolla tutto, perché niente poggia su basi solide. Siamo andati così oltre da “svegliare” i ritmi del mondo intero… in una sola cosa non ci siamo portati avanti: il risveglio delle coscienze. In un contesto caratterizzato dallo sconforto che genera un clima per davvero poco rassicurante, strettamente connesso al declino dei valori cui assistiamo giorno dopo giorno, la mia esperienza personale mi porta a voler evidenziare la funzione del Diritto. Strumento necessario per prevenire e comporre liti, guida per Giudici ed Avvocati nella ricerca della verità e repressione degli illeciti, ma soprattutto costante richiamo a quei princìpi che, fin troppo volte, vengono compressi per lasciar spazio ad interessi personali e secondari, svuotando di contenuto quel concetto di giustizia che dovrebbe potersi garantire a tutti, indistintamente.
Ridefinire i limiti del “giusto”,significa restituire dignità all’individuo, posto da sempre tra il patrimonio dei suoi diritti ma anche l’osservanza dei doveri, da considerarsi come partecipazione attiva alla società civile, intesa sia come singolo ma anche come membro di una comunità. Recuperare la centralità della persona suggerisce, dunque, un nuovo modo di “intendere” e “sentire”, finalizzato alla concretizzazione di un fare che diviene più rispettoso dell’etica, che tralascia i personalismi e si orienta anche all’arricchimento della collettività. Ispirata dalla necessità di un intervento positivo per non rendermi spettatrice passiva di una società allo sbando, ho deciso di essere tra i fondatori del Movimento NOI, affinché il mio contributo possa rappresentare un sostegno per il prossimo.
Praticare il bene non ha controindicazioni, anzi ci darà la certezza di non aver vissuto inutilmente e di aver saputo conservare un posto nel mondo. Quello stesso mondo che, di certo, non ha più nulla.
E’ ancora possibile fare qualcosa … e NOI ci crediamo!